I fratelli che spiavano il potere:
la spectre puntava anche su Napoli

I fratelli che spiavano il potere: la spectre puntava anche su Napoli
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 11 Gennaio 2017, 08:19 - Ultimo agg. 12 Gennaio, 09:34
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«Bisogna attendere lo sviluppo delle indagini per sapere per quale motivo anche le mie utenze o quelle della Regione Campania siano state prese di mira dai pirati informatici. Stavolta questo caso riguarda tanti altri uomini politici oltre al sottoscritto, ma al momento sembra emergere uno scenario inquietante». L'ex governatore Stefano Caldoro commenta con un certo stupore l'ennesimo tentativo di dossieraggio nei suoi confronti. Il suo indirizzo mail secondo quanto emerge dall'ordinanza firmata dal giudice del tribunale di Roma, Maria Paola Tommaselli sarebbe stato più volte violato. Per Caldoro non sarebbe la prima volta, già nel 2010 il suo nome era al centro di un presunto dossier volto a screditarlo per impedire la sua candidatura a Palazzo Santa Lucia.

C'è un filone dell'inchiesta «Eye Pyramid» che infatti, da Roma, porta dritto a Napoli. Tra i personaggi intercettati non figura soltanto l'ex presidente della Regione, ma anche l'ex senatore Sergio De Gregorio finito più volte nell'occhio del ciclone per inchieste giudiziarie e per il suo passaggio da Italia dei Valori al Pdl nel 2006. Tra gli indirizzi mail presenti nell'inchiesta c'è anche quello di Vincenzo Scotti, la sua posta elettronica è stata oggetto di intrusioni nel periodo in cui l'ex plenipotenziario della Democrazia Cristiana era sottosegretario agli Esteri nel governo Berlusconi. Non solo personaggi politici, ma pure personaggi del mondo dell'imprenditoria e delle università erano sotto la lente d'ingrandimento dei pirati informatici. Tra gli enti spiati, da quanto emerge dall'ordinanza nei confronti dei fratelli Occhionero, anche alcuni indirizzi afferenti alla Seconda università di Napoli, tra cui un pc della segreteria della facoltà di Lettere.

Ma ad inquietare gli investigatori è che alcuni dati carpiti dagli hacker sono stati inviati a indirizzi mail che già erano emersi nell'inchiesta napoletana sulla cosiddetta «P4». In particolare le informazioni surrettiziamente rubate venivano inoltrate a quattro indirizzi di posta elettronica che risultavano presenti nei fascicoli d'inchiesta dei pm Woodcock e Curcio nel luglio 2011. L'inchiesta sulla P4 portò il gip partenopeo Luigi Giordano a emettere una misura cautelare in carcere nei confronti di Luigi Bisignani e una richiesta di arresto per l'allora deputato del Pdl Alfonso Papa.

L'ipotesi dei pm, anche allora, era l'esistenza di una lobby capace di entrare in possesso di notizie riservate attraverso sistemi informatici non convenzionali. Queste informazioni sarebbero poi servite per condizionare gare e appalti, per ottenere favori e regalie, per verificare procedimenti penali in corso, per eludere indagini e per fabbricare dossier contro personaggi ritenuti scomodi. Gli inquirenti dell'inchiesta romana «Eye Pyramid» potrebbero quindi scoprire fatti e collegamenti non emersi nell'inchiesta sulla P4 che potrebbero riaprire anche quella vicenda. Ma, riguardo a questo nuovo filone giudiziario è arrivato ieri il distinguo di Luigi Bisignani attraverso una nota diffusa alle agenzie. «A proposito delle notizie riguardanti la nuova indagine di Roma sulla cyber security - ha dichiarato il faccendiere - tali accuse non mi sono mai state mosse dai pm di Napoli Curcio e Woodcock. Non ho mai spiato nessuno. Né l'onorevole Papa né le Fiamme Gialle, come vedo invece riportato dai media, né ho mai avuto acceso alle mail citate o conosciuto gli indagati». 

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