La donna, secondo gli investigatori, avrebbe «agito quale capo e promotrice del sodalizio criminoso, prendendo i contatti diretti per il reclutamento delle ragazze in Nigeria ed il loro successivo arrivo in Italia, peraltro dopo un periodo di detenzione in Libia, e curando tutte le condotte per tenerle in stato di soggezione ed avviarle alla prostituzione in varie località del territorio nazionale ed anche all'estero».
Gli altri indagati avrebbero partecipato alla associazione criminosa «curando il trasporto delle ragazze in varie località dove avviarle alla prostituzione, reperendo anche i luoghi ove doveva avvenire il loro alloggio, sovente in stato di soggezione, e la esecuzione delle prestazioni sessuali, curando altresì tutta la logistica (reperimento appartamenti, autovetture, telefoni cellulari sicuri) per il perseguimento dei fini del sodalizio», spiegano gli inquirenti.