Sbarchi in calo, ma è allarme Libia. Frontex: arrivi in Italia dimezzati

Sbarchi in calo, ma è allarme Libia. Frontex: arrivi in Italia dimezzati
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 14 Febbraio 2018, 08:25 - Ultimo agg. 11:05
4 Minuti di Lettura
«Il tappo non è saltato, la situazione è abbondantemente al di sotto del livello di guardia». Dopo il rimpallo di numeri con Frontex sui dati dei migranti in arrivo nel nostro Paese, dal Viminale giustificano l’incremento di sbarchi nel mese di gennaio rispetto a quello precedente come una normale conseguenza delle migliori condizioni climatiche che hanno consentito ai trafficanti di far partire più gommoni. Del resto i numeri degli arrivi sono sensibilmente inferiori se raffrontati ai livelli record dell’anno scorso. Il trend generale degli arrivi di «migranti illegali» in Italia resta in calo. Sono stati 4.731 quelli sbarcati nel 2018: dall’1 gennaio ad oggi, il 50% in meno dello stesso periodo dello scorso anno, quando gli arrivi erano stati 9.448. A certificare i dati diffusi dal Viminale è Frontex, dopo che in mattinata si era creato un cortocircuito per la pubblicazione, da parte dell’Agenzia europea, di un rapporto con elementi parziali e privi di contestualizzazione, per questo diversi da quelli diffusi dal ministero dell’Interno. Nel tardo pomeriggio l’Agenzia europea ha corretto il tiro, chiarendo e circostanziando il rapporto pubblicando un secondo comunicato. Nella prima relazione pubblicata da Frontex si leggeva che «il numero di migranti arrivati in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo centrale a gennaio 2018 è salita a oltre 4.800, il doppio rispetto al mese precedente, quando le attività dei trafficanti erano state colpite dai combattimenti vicini alle aree di partenza e dal cattivo tempo». Il rapporto definiva «il totale del mese in linea, all’incirca, col gennaio dello scorso anno».

 

Peccato che Frontex non avesse ricordato - come ha fatto invece più tardi - che «il trend generale» degli arrivi «resta in calo» e che dicembre 2017 è stato un mese record «per il numero più basso» di persone sbarcate «in tre anni». La stretta sulle ong con l’introduzione del codice di condotta per le organizzazioni umanitarie ha funzionato. Stesso discorso per quanto riguarda le capacità della Marina libica di pattugliare i tratti di costa grazie alle motovedette fornite dall’Italia e all’appoggio costante dei nostri militari impegnati nella missione bilaterale che fornisce assistenza logistica alle autorità di Tripoli.
Non solo, ma per meglio assistere sia l’Italia che la Libia nel controllo dei flussi, proprio Frontex, l’agenzia dei guardiacoste dell’Unione Europea, dall’inizio di febbraio ha lanciato una nuova operazione denominata «Themis» che ha archiviato la precedente missione «Triton» attiva sin dal 2014. Themis è maggiormente focalizzata sui controlli di polizia, pur includendo la ricerca e il soccorso dei barconi alla deriva come focus principale. È stato anche allargato il raggio d’azione in cui opereranno le navi di Frontex, non solo a largo della Libia, ma particolare attenzione è stata riversata alle coste di Algeria, Tunisia, Egitto, Turchia e Albania. I trafficanti infatti, dopo la stretta di controlli apportati congiuntamente da Ue, Italia e Libia, hanno iniziato a diversificare i porti di partenza per non essere rintracciati dai guardiacoste. Le varie missioni hanno quindi dovuto adattare la risposta alle strategie dei trafficanti di esseri umani. Proprio l’avvio di Themis, insieme al peggioramento delle condizioni climatiche, fanno infatti sperare anche al Viminale che a febbraio gli sbarchi continueranno a calare seguendo il trend avviato ormai sin dalla scorsa primavera.
Ovviamente la situazione viene costantemente monitorata anche perché le condizioni di sicurezza in Libia continuano ad essere ballerine e preoccupano sia sul fronte dei flussi migratori che su quello del terrorismo. La sfida cruciale sarà soprattutto quella di evitare che tra i migranti possano nascondersi pericolosi terroristi in fuga dalle zone di guerra dopo il collasso del sedicente Stato islamico. Il pericolo è reale e molto temuto non solo dalla Ue e dal ministro Minniti, ma dall’intera comunità internazionale. È per questo motivo che all’inizio di febbraio il ministro dell’Interno è volato a Washington per concordare anche con gli Usa gli interventi da mettere in campo per contenere il tentativo dei terroristi dell’Isis di penetrare in territorio libico per poi giungere in Europa. Le condizioni di sicurezza nel Paese nordafricano sono ancora incerte e preoccupano sia per le possibili conseguenze sugli sbarchi che sul fronte del terrorismo. Le fibrillazioni sono molteplici anche in vista delle future elezioni che dovrebbero finalmente consegnare un unico presidente e un esercito riunificato alla nazione nordafricana visto che attualmente la Libia è divisa, oltre che in tribù, soprattutto dalla presenza del presidente Sarraj nell’Ovest del Paese e del generale Haftar nell’Est.
La marcia d’avvicinamento alla tornata elettorale – ancora non fissata, ma che dovrebbe svolgersi entro il 2018 – è combattuta anche militarmente. Numerosi gli scontri tra le milizie a Tripoli controllate da Sarraj avversate dalle tribù della zona, ma fibrillazioni sono ormai continue anche nella zona orientale controllata dal Federmaresciallo Haftar impegnato a fronteggiare le residue roccaforti dell’Isis sul territorio. E alle elezioni potrebbe presentarsi anche il figlio dell’ex rais Gheddafi, Saif al Islam, la cui presenza potrebbe causare ulteriori scontri. Al momento la Libia assomiglia molto ad una polveriera sul punto d’innesco e serviranno i massimi sforzi da parte della comunità internazionale per riuscire a tenere la situazione sotto i livelli di guardia. 
E se lo scenario libico induce preoccupazioni, non è da meno il fronte della Tunisia. Proprio da Tunisi l’Interpol ha rintracciato diverse imbarcazioni che trasportavano non solo migranti, ma anche foreign fighter di ritorno. Di qui l’incontro avuto ieri da Minniti con il suo omologo tunisino Brahem perché non è possibile abbassare la soglia d’attenzione anche se al momento i dati non destano allarmi concreti nel breve periodo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA