Se a Scampia
gli alunni sono senza libri

di ​Federico Monga
Mercoledì 18 Gennaio 2017, 23:22 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 09:42
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In questi ultimi anni, si è fatto tanto parlare di diritto allo studio, di Buona Scuola, di riforme, di bonus per i giovani, di lotta alla dispersione scolastica, di classi aperte anche il pomeriggio e durante il periodo estivo per tenere lontano i ragazzi dalla strada, dalla delinquenza e dalla droga. Verrebbe da dire a vanvera, se succede, e succede davvero, che in una prima media ad alto disagio sociale solo 6 alunni su 22 siano in possesso dei libri di testo necessari per studiare. Siamo all’Istituto Comprensivo Virgilio Quattro, quella che si dice una scuola di frontiera. O meglio di confine. Si affaccia su via Labriola, lo stradone a doppio senso che divide le elementari e le medie dalle Vele di Scampia. Una trincea tra il disagio sociale, la malavita e la prospettiva di dare un futuro diverso e migliore a centinaia di bambini che vivono in una delle zone più difficili di Napoli e quindi d’Italia. Gli alunni hanno alle spalle famiglie con difficoltà economiche enormi. Spesso hanno i genitori detenuti in carcere o disoccupati da anni. La scuola, insieme con la caserma dei carabinieri e il commissariato di polizia, è una delle poche e quotidiane presenze dello Stato in un’area dove la dispersione scolastica è a livelli inimmaginabili nella maggior parte degli altri quartieri italiani. 

Il freddo linguaggio delle statistiche comunali (le uniche disponibili per l’anno scolastico 2015-2016 perché lo Stato si è fermato al 2008) indica gli alunni che abbandonano la scuola come inadempienti. La municipalità di Chiaiano-Piscinola-Scampia ha un tasso di abbandono del 2,31%, più del doppio rispetto alla media di Napoli, città da anni in fondo a questa classifica che definire maledetta è dire poco. Il Comune, nell’analizzare il fenomeno, descrive anche le motivazioni che portano i ragazzini delle medie a non andare a scuola: nel 20,8% dei casi sono gli alunni stessi che ritengono lo studio della scuola dell’obbligo una perdita di tempo; per il 17,3% è la conseguenza di un disagio familiare; il 9% delle fughe sono da imputare a una scelta dei genitori. 

Sorge allora spontanea una domanda assai banale: ma come si fa a combattere questo cancro se gli alunni in una delle area più a rischio a metà gennaio, quattro mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico, non hanno nemmeno i libri di testo?

Proviamo a spiegare perché succede. La risposta va cercata nello stato confusionale quotidiano in cui versa il sistema burocratico italiano e nei passaggi dal centro alla periferia. In uno Stato che spende risorse record nel welfare ci sarebbe da aspettarsi che le famiglie più bisognose vengano aiutate nell’acquisto del materiale didattico a partire dai libri, almeno alle scuole medie. Il bonus per l’acquisto dei libri in effetti è previsto. Ma arriva, come si dice, a babbo morto. 

La filiera dei finanziamenti è kafkiana. I fondi sono erogati dal ministero alla Regione che li stanzia ed esegue il riparto Comune per Comune. L’amministrazione municipale riceve le richieste dalle scuole e provvede a versare l’aiuto, che non copre comunque totalmente il prezzo dei libri, alle famiglie indigenti. 

Ebbene, la Regione Campania ha stanziato i fondi (venti milioni) alla fine di novembre, quando la scuola era già iniziata da due mesi e mezzo. A metà dicembre sostiene di averli versati nella casse del Comune. Dall’assessorato municipale, però, il passaggio materiale delle risorse non trova conferme. Il Comune non può anticipare i fondi per le regole contabili fissate dal patto di stabilità interno e dovrà comunque aspettare che dalle scuole arrivino le singole richieste. Si dovrà poi procedere a un minimo di verifica sull’attendibilità dei certificati in base al reddito di famiglia (Isee). Di passaggio in passaggio, di delibera in delibera allora succede che i soldi per acquistare i libri arrivino materialmente ai legittimi destinatari quando l’anno scolastico sta per volgere al termine. In ogni caso ad oggi, alla Virgilio Quarto come, è facile scommetterci, in tante altre scuole, non sono ancora disponibili. 

Alla professoressa Lucia Vollaro, dirigente della scuola di Scampia non resta che - sono parole sue - «tamponare e compensare». Ovvero, grazie alla passione, alla dedizione e a una certa dose di eroismo civile sua e di gran parte del corpo docente da lei diretto, gli alunni possono seguire i programmi grazie alle fotocopie, alle dispense, al sistema delle lavagne elettroniche e all’impegno a far completare i compiti a casa in classe, magari andando anche oltre l’orario di lavoro stabilito. 

Se si vuole davvero combattere la dispersione scolastica e provare a evitare che bambini di otto anni, come è successo al Pallonetto, un’altra zona disagiata di Napoli, finiscano per essere parte integrante della catena dello spaccio di droga invece che andare in classe, prima di montare (e smontare) altre riforme della scuola forse varrebbe la pena di trovare un sistema che garantisca a tutti, e soprattutto a chi non può permetterseli, i libri di italiano, matematica, scienze, geografia, storia e musica. La lotta alla dispersione scolastica e l’impegno a dare una prospettiva migliore al futuro di Napoli e a tante altre zone difficili del nostro Paese parte dalla capacità di uno Stato, che si vuole dire davvero civile, dall’impegno a garantire senza deroghe almeno il minino indispensabile: i libri di scuola a chi non può permetterseli. Non è vero, ministro Valeria Fedeli, governatore Vincenzo De Luca e sindaco Luigi de Magistris? 
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