Caso Cucchi, la sorella dopo sentenza: «Non mi fermo, denuncerò il Ministero»

Caso Cucchi, la sorella dopo sentenza: «Non mi fermo, denuncerò il Ministero»
Sabato 1 Novembre 2014, 09:29 - Ultimo agg. 2 Novembre, 11:01
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«Il "caso Cucchi" non finisce qui - ha detto oggi Fabio Anselmo, legale della famiglia - Ora aspetteremo le motivazioni della sentenza per preparare il nostro ricorso per Cassazione ma intraprenderemo anche un'azione legale nei confronti del ministero della Giustizia affinché si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano». Il tutto all'indopmani del verdetto che ha visto assolti tutti gli imputati accusati della morte del fratello 23enne, medici e agenti penitenziari.

Secondo la difesa della famiglia Cucchi, da entrambi i processi emerge che comunque un pestaggio nelle celle del Tribunale c'è stato e quindi si chiama ora in causa il ministero della Giustizia affinché riconosca la sua responsabilità dal punto di vista di un risarcimento danni.

La famiglia di Cucchi, nelle more del processo d'appello, ha già ottenuto un maxi-risarcimento da un milione e 340mila euro frutto di un accordo-transazione con i legali dell'ospedale dove Stefano morì; tant'è che nel giudizio d'appello non erano costituiti contro le parti mediche.

E adesso la notizia della volontà di intraprendere un'azione legale nei confronti del ministero.

«Io non critico la sentenza - commenta il giorno dopo l'avvocato Anselmo - Non posso fare a meno di ricordare che già durante l'udienza preliminare avevo previsto questo esito. Adesso abbiamo una sentenza che certifica l'insufficienza di prove su tutto: sugli autori del pestaggio e sulle singole responsabilità di medici e infermieri. La fragilità e le imbarazzanti contraddittorietà della perizia disposta dalla Corte di primo grado mai avrebbero potuto reggere a un vaglio severo e giusto da parte dei giudici di seconda istanza».

Ilaria Cucchi: mi devono uccidere per fermarmi. «Mi devono uccidere per fermarmi - dice Ilaria Cucchi all'indomani della sentenza - Non ce l'ho con i giudici di appello, ma adesso, da cittadina comune, mi aspetto il passo successivo, e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone. Il prossimo passo è la Cassazione e la Corte europea. Non è finita qui. Se lo Stato non sarà in grado di giudicare se stesso, faremo l'ennesima figuraccia davanti alla Corte europea. Sono molto motivata».

«Questa assoluzione è un fallimento della procura». «Mi sono svegliata con l'idea che in realtà abbiamo vinto - dice Ilaria Cucchi - L'assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma. Chiederò al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, che assicuri alla giustizia i colpevoli della morte di mio fratello, perché due sentenze hanno riconosciuto il pestaggio e lo Stato italiano non può permettersi di giocare allo schiaffo del soldato, come ha detto in aula ieri il mio avvocato. Mio fratello è morto e non si può girare e indovinare chi è stato, devono dircelo loro. Tante volte ho attaccato il lavoro dei pm e sono stata molto criticata per questo, anche in aula dai difensori. Oggi ho l'ulteriore prova che avevo ragione».

Il sindaco Marino. «L'intitolazione a Stefano Cucchi di una strada o di una piazza di Roma è una richiesta dell'Aula consiliare, proposta da Sel ma votata da tutta l'assemblea, di cui sono orgoglioso. E lo faremo». Lo ha annunciato il sindaco di Roma Ignazio Marino interpellato a margine della messa del Papa al Verano. «Sono rimasto davvero senza parole quando ieri ho appreso quello che è stato comunicato dai giudici, la cui sentenza va certamente rispettata però, almeno inizialmente, non avendone letto le motivazioni, appare dissonante da quello che la Commissione d'inchiesta e il Senato della Repubblica avevano accertato», ha ribadito Marino. «Le conclusioni indicarono che le misure cautelari avevano prevalso su quelle assistenziali e che Stefano perse in cinque giorni dieci chili di peso e che c'erano anche lesioni vertebrali - ha continuato -. L'inchiesta fu condotta con grande diligenza e ci fu la partecipazione a una seconda autopsia sulla salma da parte dei consulenti del Senato».

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