Taxi, se vince chi urla più forte

di Paolo Graldi
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 00:31 - Ultimo agg. 08:06
4 Minuti di Lettura
Una giornata da ricordare: ma soltanto per evitare di ripeterla in ognuna delle sequenze che l’hanno scandita. La rabbiosa e sofferta vertenza dei tassisti convenuti a Roma per circondare, anzi stringere d’assedio con fischi e urla i tempi della trattativa al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si è stemperata calato il buio, quando sulla piazza è giunto il messaggio via sms dal tavolo delle trattative che il governo aveva scelto la via di una legge delega per sciogliere i nodi incancreniti della vertenza, lasciando intatto (con fiducia in Palamento) il Milleproroghe con dentro l’emendamento Lanzillotta.

Una giornata da dimenticare: ma soltanto perché l’auspicio, a conti fatti, è quello di non dover assistere più all’incattivirsi di una vicenda impastata di maldestre furbizie, calcolate smemoratezze, incapacità conclamata di separare i diritti di tutti dalle rivendicazioni di una categoria. 

Si è assistito, quale esito di un trascinamento che getta molte ombre sui tempismi gestionali della vertenza, a un film con lampi di guerriglia sovrastati da attimi di calma nervosa e ad altri sussulti di rivolta. Roba mutuata dalla peggior tifoseria calcistica con il fronteggiarsi oltraggioso dei manifestanti con la polizia e degli inevitabili strappi chiamati in gergo «cariche di alleggerimento». Sono anche apparsi i saluti romani, figuri di Forza Nuova piuttosto malintenzionati o meglio intenzionati a soffiare sul fuoco per alzare le fiamme, qualche fermo chiarirà eventuali responsabilità più pesanti. 

Un pomeriggio sempre sul filo di una crisi virulenta, con sbocchi imprevedibili, che si doveva evitare applicando massicce dosi di ragionevolezza e invece il bilancio, al di là dell’esito ancora aperto della vertenza, è un conto salatissimo pagato dai cittadini, privati per una settimana secca di un servizio pubblico indispensabile. Un conto, peggio, inaccettabile che fa carta straccia di un diritto e lo trasforma in contrapposizione frontale che esclude ogni dialettica. 

L’economia complessiva pagherà, insieme con i disagi diffusi e anche gravi, questo ulteriore strappo alle regole per la applicazione delle quali le autorità hanno per lo più osservato un assordante silenzio. Le ragioni dei tassisti sono note e comprensibili, alcune davvero inattaccabili perché riguardano un comparto stretto da regole di cui viene assicurato il rispetto. 

Le norme da definire meglio, semmai, riguardano i noleggi con conducenti e il fenomeno Uber ed è su questo terreno che si è traccheggiato senza il coraggio di esprimere una normativa di sintesi capace di accogliere le diverse realtà e di farle convivere. E tuttavia non può passare l’idea che il metodo per trovare un tavolo di confronto sia quello adottato: l’azzeramento del servizio, la rivolta di piazza o quasi. La politica non si è fatta mancare l’opportunità di buttarla… in politica. La sindaca Virginia Raggi ha cercato a mezzogiorno, scendendo dal Campidoglio tra un Grillo e un Casaleggio d’ordinanza sullo stadio che s’ha da fare, di accattivarsi la simpatia degli scioperanti. 

Parola chiave l’avverbio «sicuramente», ripetuto tre volte su venti parole. Il regolamento va sicuramente migliorato, le riforme dall’alto sicuramente non ci piacciono e sicuramente complicano tutto il sistema.
La sindaca è «vicina» ai tassisti e si è accorta che «da giorni nella nostra città non si vedono circolare taxi». Un’ora e mezza dopo, forse consigliata sull’incompiutezza di quell’abbraccio, ha fatto sapere qualcosa di più: «Semplicemente» il lancio di un appello affinché il servizio torni al più presto alla normalità e una critica verso chi pratica la violenza che non serve. Come se il Campidoglio si fosse mosso durante i sei giorni della rabbia e dei disagi in qualche direzione anziché aspettare e sperare che i fuochi si spegnessero da soli. Semplicemente. 
Il biglietto da visita della città rappresentato anche dal servizio taxi esce invece piuttosto sgualcito da questa settimana di passione. L’altro aspetto che inquieta è l’immediato collegarsi della vertenza taxi con quella degli ambulanti alle prese con le rigide direttive Bolkestein, ch’essi rifiutano almeno per il pregresso. I nodi si intrecciano e divengono più serrati e duri da sbrogliare.

Lanciano segnali di disagi autentici che non sarà certo la politica dei rinvii a sbrigliare senza effetti collaterali indesiderabili e pesanti. È quella soffusa voglia di agitare la bottiglia dei contenziosi a preoccupare e il silenzio orizzontale del governo e delle autorità ad hoc sulla materia non rassicura per gli altri versi. In questi giorni si è come sentita una mancanza di voci autorevoli capaci di spezzare il filo di una protesta traboccante i limiti. I limiti del diritto.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA