Scuole e caserme antisismiche
il mistero degli edifici di «carta»

Scuole e caserme antisismiche il mistero degli edifici di «carta»
di Gigi Di Fiore
Venerdì 26 Agosto 2016, 08:35 - Ultimo agg. 27 Agosto, 08:42
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INVIATO AD AMATRICE

«Scappa, curri, và a la scola» dice la scritta sulle mura del cortile della materna, elementare e media «Romolo Capranica». Doveva essere una scuola antisismica, è crollata come un pezzo di pane martedì notte. Una montagna di calcinacci e pietre fa velo a una carta geografica e a dei disegni rimasti appesi alla parete miracolosamente in piedi. Nel cortile frasi di Rodari e di Saint-Excupery ricordano che tipo di edificio si aveva di fronte fino a martedì scorso. Nella struttura gialla, hanno resistito gli infissi verdi e quelli in qualche lato delle mura. Quando arriva la scossa delle 14,36, piovono ancora pietre e calcinacci. Eppure, questa scuola intitolata a uno dei caduti di Amatrice nella Prima guerra mondiale, fu ristrutturata solo quattro anni fa. 

Costruita nel 1936 in piena era fascista, arricchita due anni dopo con un orologio sulla facciata, ampliata con una sopraelevata nel 1954, divenne tra il 1993 e il 2003 «Polo verticalizzato scolastico». Qui hanno studiato generazioni del paese e dintorni dalle elementari alle medie. Dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009, la grande paura. La necessità di rendere a prova di scosse aule e locali dove transitavano bambini. Fu avviata una «massiccia opera di ristrutturazione, con adeguamenti alla vulnerabilità sismica». In soldoni, fasciature ai pilastri, nuovi infissi, interventi ai tramezzi. Costo 511.296 euro, con lavori affidati all’impresa Consorzio Stabile Valori Scarl di Roma. Il cantiere rimase aperto tre mesi e gli operai intervennero sui 5600 metri cubi dell’edificio. A vedere la scena della montagna di detriti e la polvere che si alza, viene lo sconforto.

Ma la scuola non è sola, Amatrice non ha più un edificio pubblico agibile. La stazione dei carabinieri, di proprietà comunale, ha crepe e calcinacci a vista. Inagibile. Fuori, sono parcheggiate le auto dei carabinieri che, per il momento, fanno da ufficio. Sempre quattro anni fa, e sempre dopo la grande paura del terremoto all’Aquila, si intervenne per rendere antisismico l’importante edificio che dà su un bel pianale di alberi. Costo 228.977 euro, lavori affidati alla società cooperativa C.A.R.E.C.A. di Viterbo, che a sua volta li subappaltò all’impresa consorziata Fabi Gioventino e Rosanna s.n.c. della provincia di Rieti. Lavori rapidissimi, con l’obiettivo dichiarato nel capitolato d’appalto di «miglioramento sismico». Il cantiere venne aperto l’undici novembre del 2012 e fu chiuso il 5 dicembre successivo. In verità, l’edificio a due piani è rimasto in piedi, ma il pericolo di crolli è stato certificato dai vigili del fuoco. E spiega un carabiniere: «Non possiamo entrare, bisogna arrangiarsi».

I tutori della sicurezza e dell’ordine sono tutti rimasti senza casa. Anche la sede di Amatrice della Polizia stradale è chiusa. Di proprietà dell’orfanotrofio don Minozzi, che è confinante, non ha mai subito interventi di ristrutturazione negli ultimi anni. Spiega un agente, all’ingresso di quella che era la sua sede di lavoro fino a tre giorni prima: «La palazzina ha retto, ma non è certamente agibile. Dovremo trovarci un’altra sede, in altro luogo. Le crepe visibili e i calcinacci caduti motivano la dichiarazione di inagibilità dichiarata dai vigili del fuoco».

E così, per simpatia emulativa o per beffa del non intervento nella manutenzione, è anche per la sede del Corpo forestale. Una camionetta è parcheggiata con la parte posteriore nel cancello dell’atrio. Fa da ufficio sostitutivo, dentro non si può entrare. Qui l’apparenza inganna, i due piani della palazzina sembrano intatti, come se il terremoto non fosse mai arrivato. E invece, crepe, tegole sconvolte e rischio di crollo. E con questa palazzina fanno tre: ad Amatrice, Polstrada, carabinieri e Forestale senza più uffici e sedi operative.

Ovunque ci si giri, c’è il deserto. Amatrice rischia di perdere la sua storia, la sua memoria, tramandate soprattutto dagli edifici pubblici. La sede del Comune, ad esempio. Non c’è più. È crollata e, per questo, tutti gli uffici operativi della Protezione civile sono stati sistemati nell’unico luogo possibile: il prefabbricato con un solo piano terra, che ospitava il liceo scientifico a lato della scuola crollata. Qui non ci sono rischi, né di cedimenti, né di agibilità. Quando ci si entra, sembra di essere in un quartier generale di una città assediata dal nemico. Gente che entra ed esce, volti stanchi, cartelli improvvisati, scrivanie con carte e computer, affanni. Tutto sconvolto, tutto azzerato. Come in guerra, come sotto i bombardamenti.
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