Allo scopo di dissimulare l'adesione all'ideologia più radicale taluni indagati, spiega una nota dei carabinieri, avevano peraltro volutamente conformato il proprio atteggiamento e le proprie abitudini in modo tale da evitare riferimenti anche solo velatamente religiosi e/o di appartenenza al mondo islamico. L'opera di propaganda e proselitismo, continua la nota, era svolta esclusivamente sulla rete non solo mediante canali riservati ma, ricorrendo a pseudonimi e account fittizi, anche sui più diffusi social media. Il materiale divulgato a numerosi contatti era in parte direttamente ottenuto da al-Hayat Media Center, organo di propaganda ufficiale dell'autoproclamatosi 'Stato Islamicò.
I servizi di monitoraggio hanno permesso di documentare la condivisione in via riservata del giuramento di fedeltà (bay'ah) al califfo Abo Bakr Al Baghdadi, poi pubblicato in chiaro sulla piattaforma facebook da altro indagato.
La formula ricalca, con alcune opportune varianti, il testo già emerso in altri contesti investigativi recentemente oggetto di sentenza di condanna da parte della Corte di Assise di Milano. La rilevanza di tale acquisizione è dimostrata dalle più attuali informazioni raccolte in ambito internazionale che hanno evidenziato l'esigenza del cosiddetto «Stato Islamico» di ottenere una pubblica manifestazione di fedeltà da parte di chiunque, anche non inserito ufficialmente nell'organizzazione, abbia intenzione di compiere un'azione in suo nome e per suo conto.