Tiziano Renzi sentito dai pm:
«Mai preso soldi, cognome abusato»

Tiziano Renzi sentito dai pm: «Mai preso soldi, cognome abusato»
di Valentina Errante e Sara Menafra
Sabato 4 Marzo 2017, 10:51
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ROMA. Tiziano Renzi esce dalla procura di Roma con l'aria tranquilla: «Mai preso soldi. Si è trattato di un evidente caso di abuso di cognome», dice davanti alle telecamere, spiegando che ai pm Paolo Ielo di Roma e Celeste Carrano di Napoli ha dimostrato la propria estraneità all'ipotesi di traffico di influenze che gli viene contestata. Un aria serena, dopo un interrogatorio di tre ore e mezza e quindi tutto sommato breve, vista la mole di intercettazioni raccolte dai carabinieri del Gruppo tutela ambiente. Un'aria, però, che non sembra corrispondere a quella che si respira tra gli inquirenti, al momento molto perplessi sulla versione dei fatti fornita, tanto che non è neppure chiaro se lo interrogheranno una seconda volta.

«Il dottor Renzi ha risposto a tutte le domande» ed ha precisato di «non aver avuto alcun ruolo in questa vicenda», dice il suo legale, Federico Bagattini: «È stanco e provato, e non lo diciamo solo noi, perché questa vicenda non ha uno spettro esclusivamente giudiziario. Nel corso dell'interrogatorio ha negato di incontri avvenuti in ristoranti o bettole». Dunque, dice, nessun incontro con l'imprenditore Alfredo Romeo, nessun ingresso alla Consip, come del resto ha escluso di conoscere Denis Verdini.

Parallelamente al suo interrogatorio, le due procure che indagano di concerto per le ipotesi di corruzione, rivelazione del segreto istruttorio, associazione a delinquere, stanno mettendo a fuoco anche altri aspetti dell'inchiesta. Mentre Tiziano Renzi rispondeva a piazzale Clodio, a Roma, a Firenze Henry Woodcock e Mario Palazzi, accompagnati dagli investigatori del Noe di Napoli e di Roma hanno sentito come persone informate sui fatti due figure minori che, però, in questa storia rischiano di diventare decisive.

Il primo è Roberto Bargilli, l'autista del camper di Matteo Renzi durante le primarie del Pd e ora assessore in quota Pd al Comune di Rignano sull'Arno. Bargilli, per gli amici Billy, il 7 dicembre 2016, chiama per conto del «babbo» Renzi quello che oggi è il suo coindagato, Carlo Russo. Per avvertirlo che il telefono è intercettato: «Scusami ti telefonavo per conto di babbo... mi ha detto di dirti di non lo chiamare e non mandargli messaggi». Gli investigatori del Noe commentano con durezza: «La conversazione poc'anzi riportata non necessita di alcun ulteriore commento ma è doveroso rappresentare che le operazioni di intercettazione sull'utenza di Renzi Tiziano sono state disposte da Codesta autorità il pomeriggio del 5 dicembre 2016 e quindi sono trascorsi soli due giorni prima che anche questa notizia arrivasse al Renzi Tiziano». Di certo, a quell'allerta Tiziano Renzi sembra aver creduto. Mentre Bargilli chiama Russo per avvertirlo, infatti, Renzi «percorre circa 300km per intrattenersi con una persona fuori dall'aeroporto di Roma Fiumicino per soli 44 minuti». Un atteggiamento: «E' davvero singolare».

L'altra persona sentita come informata sui fatti è il sindaco di Rignano sull'Arno, Daniele Lorenzini. Il paesino in cui risiede l'intera famiglia Renzi. E' proprio Carlo Russo a raccontare, ad esempio, che la sede del Pd di Rignano è di fatto più imporante di Firenze. «So stato da Tiziano ieri sera poi, ieri mattina sono andato prima di partire per Roma, era incasinatissimo perché ora è tornato segretario del Partito di Rignano, quando è stato assolto». E ancora: «C'era la festa dell'Unità ieri sera, c'era Lotti come ospite... c'ha avuto più ospiti Rignano che Firenze (ride, ndr), Delrio è andato».

Altra mossa fondamentale per l'inchiesta in corso è la decisione di avviare una rogatoria internazionale a Londra. Proprio a Londra Alfredo Romeo, l'imprenditore che avrebbe promesso soldi anche a Tiziano Renzi pur di essere aiutato nelle gare Consip, ha un giro di società che, tra l'altro, propone a Carlo Russo di usare per fargli arrivare i soldi necessari all'«accordo quadro».

I pm si sono divisi tra Roma e Firenze. In Toscana è stato ascoltato Carlo Russo. L'immagine plastica dell'indagine è quella del facilitatore Carlo Russo che entra nella sede del Nazareno. L'obiettivo, pare, fosse incontrare Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, o almeno consegnargli dei documenti, relativi al finanziamento del quotidiano L'Unità da parte di Alfredo Romeo. Non c'è conferma perché ieri, Russo, amico di famiglia dei Renzi, che con i genitori dell'ex premier condivideva pellegrinaggi, cerimonie religiose e vacanze, interrogato a Firenze ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Ai pm Mario Palazzi e Henry Woodcock, che lo accusano in concorso con Tiziano Renzi di traffico di influenze, non ha dato la possibilità di contestargli nulla: né le intercettazioni, in cui con Romeo parla chiaramente di soldi e delle modalità di consegna, né le pesantissime pressioni sull'ad di Consip, Luigi Marroni, perché favorisse la società la Romeo gestioni srl e Cofely, che stava a cuore al senatore Denis Verdini, nella gara da 2,7 milioni di euro.

A fare da gancio con il manager era stato proprio babbo Renzi. Una mediazione ben retribuita, almeno secondo le ipotesi della procura di Roma. Come sono andati i fatti è Marroni a raccontarlo ai pm di Napoli lo scorso dicembre: «Tiziano Renzi mi disse che voleva chiedermi di ricevere un suo amico imprenditore, Russo, che voleva partecipare a delle gare d'appalto indette da Consip; Renzi mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste del Russo e di dargli una mano atteso che era un suo amico. Io risposi che avrei ricevuto Russo e lo avrei ascoltato.
Secondo l'informativa del Noe Romeo avrebbe pagato Russo e Renzi senior con denaro non tracciabile». A dimostrarlo sarebbero le tante intercettazioni tra lo stesso Russo e l'imprenditore sulle quali ieri i magistrati avrebbero voluto risposte. Russo sarebbe stato «il collettore delle dinamiche delittuose in seno a Consip e punto di contatto, attraverso Tiziano Renzi che vanta delle ascendenze su Luigi Marroni, con lo stesso Alfredo Romeo».

Russo non usa mezze misure, a verbale Marroni lo racconta con chiarezza e parla di ricatto «Per rafforzare la sua richiesta, - ha dichiarato - mi disse in modo esplicito che questo affare non interessava solo lui ma dietro la società che lui stava rappresentando vi erano gli interessi di Verdini, ribadendomi che io ricoprivo questo incarico grazie alla nomina che mi era stata concessa dal presidente del Consiglio Matteo Renzi». E ancora: «In occasione del terzo incontro, nel mio ufficio romano, Russo mi disse chiaramente che in relazione all'intervento che lui pretendeva che io facessi sulla commissione di gara per agevolare la società vi erano delle aspettative ben precise dell'onorevole Verdini e di Tiziano Renzi, dicendomi chiaramente che erano le persone da cui dipendeva il mio futuro lavorativo, che avevano determinato la mia nomina e che avrebbero potuto anche determinare la mia revoca dall'incarico di ad di Consip; insomma mi pose chiaramente e senza mezzi termini e in modo minaccioso l'alternativa tra favorire la suddetta società sponsorizzata dal Verdini o perdere il posto di lavoro».