Vesuvio, in fumo un terzo del Parco

Vesuvio, in fumo un terzo del Parco
di Paolo Barbuto
Giovedì 20 Luglio 2017, 09:22
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I sindaci dei Comuni aggrappati al Vesuvio stanno ancora facendo i conti ma c'è un primo dato che mette i brividi: «Secondo una stima che è molto al ribasso, sono andati in fumo più di mille ettari di vegetazione - dice sconsolato Luca Capasso, primo cittadino di Ottaviano al vertice della comunità dei tredici sindaci del Vesuvio - In realtà i nostri esperti sostengono che gli ettari bruciati sarebbero tremila, un terzo del Parco Nazionale. Ma noi non riusciamo a credere a un disastro del genere, vogliamo aspettare i rilievi ufficiali che partiranno quando il fuoco sarà definitivamente spento». E assieme alle migliaia di ettari di bosco andranno in fumo «almeno cento milioni di euro», dice Capasso che spiega di stimare il danno «a occhio», senza avere ancora dati puntuali sull'argomento.

Bastano questi dati per capire le parole del presidente della Regione, De Luca, il quale ieri mattina ha tuonato: «Quelle relative agli incendi in Campania sono cifre da operazioni belliche». Le cifre alle quali si riferisce De Luca riguardano i numeri dei roghi e degli interventi, non il fronte economico, non ancora. Alle amministrazioni locali del Vesuvio è appena arrivato un documento ufficiale con il quale si chiede una quantificazione dei danni, solo allora sarà possibile capire quanto è costato e quanto costerà l'incendio che per dieci giorni ha devastato la montagna. Per adesso il presidente della Regione spiega che «rispetto all'anno scorso il numero di incendi in Campania è cresciuto del mille per cento passando da 81 a 760», che le ore di volo dei CanadAir sulla regione sono passate «da 37 del 2016 a 560 del 2017» e che ancora ieri mattina erano al lavoro 700 persone per la gestione dell'emergenza roghi.
Nel frattempo le stanze dei sindaci dei tredici comuni coinvolti nell'incendio del Vesuvio si riempiono di esperti, di cittadini, guide turistiche, operatori commerciali e piccoli imprenditori: dopo aver ingoiato la tragedia ecologica, bisogna fare i conti del danno economico che, attualmente, sembra impossibile da quantificare.

Proprio il capo dei sindaci del Vesuvio cerca di mettere in fila i problemi ai quali fare fronte per capire quale sarà il conto economico dell'incendio. La prima attività sarà quella della bonifica delle aree andate in fiamme: i sindaci avevano chiesto al ministro Galletti il sostegno dell'Esercito per questa attività, anche se non c'è ancora certezza. I costi della bonifica, spiegano gli esperti, sono leggermente superiori a quelli del rimboschimento. Se ripopolare d'alberi un ettaro di bosco costa da 15 a 30mila euro (a seconda delle piante utilizzate) un valore analogo va ipotizzato per la bonifica, moltiplicate questi valori per i mille ettari ufficialmente andati in fumo e capirete quant'è pesante questa prima voce del conto.

La seconda operazione urgente è quella della mitigazione del rischio idrogeologico. Andati in fumo gli alberi e le radici che reggevano il terreno, c'è il pericolo delle frane che potrebbero svilupparsi alle prime piogge d'autunno. In questo caso non esiste una valutazione ufficiale, perché la realizzazione di terrazzamenti e dighe dipende dall'entità dei danni, e i danni subiti dal territorio non sono stati ancora verificati. Chi s'intende di opere idrogeologiche ipotizza interventi da almeno venti milioni.

C'è, poi, tutto il fronte delle attività imprenditoriali messe in ginocchio dall'incendio. Pensate al solo indotto per le visite al parco nazionale con le guide (10 euro a persona) che verrà cancellato da qui alla fine della stagione. In un anno il servizio viene utilizzato da circa settecentomila visitatori, la metà dei quali ha già visitato il parco nei mesi scorsi. Però mancheranno all'appello almeno 350mila ospiti che moltiplicati per dieci euro a testa si trasformano in tre milioni e mezzo di euro andati in fumo. A cascata i danni per le mancate presenze turistiche avranno un riverbero sui tour operator che organizzano gite al cratere più famoso del mondo, e poi su alberghi ristoranti, bar, commercianti, venditori di souvenir di tutti i comuni alle pendici del Vesuvio.

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