Addio a Vito Acconci, il padre della “Body Art”

Vito Acconci
Vito Acconci
Sabato 29 Aprile 2017, 17:25 - Ultimo agg. 18:25
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Il mondo dell'arte in America si lista a lutto per Vito Acconci. Considerato il padre della body art, architetto, poeta e per decenni una forza trainante della vita culturale a New York, Acconci è morto a Manhattan a 77 anni. 
 «New York ha perso una leggenda con la morte di Acconci, un pioniere», ha scritto il MoMA su Instagram.

Italo-americano, Acconci era nato nel Bronx in una famiglia cattolicissima (il padre Hamilcar gli aveva dato come middle name Hannibal e lui lo preferiva a Vito, «ma questo era prima di Silence of the Lambs» disse una volta): intelligente oltre la media, aveva studiato a Regis, la scuola gesuita di Manhattan per ragazzi di talento, e all'University of Iowa, celebre per i suoi programmi letterari di avanguardia.
Poeta sperimentale durante gli anni '60, era arrivato al successo negli anni '70. «Ossessionato dall'essere fedele al suo corpo e al territorio emotivo e umano che esso determina, Acconci usa il mezzo televisivo come completamento al suo interiore ed esteriore», aveva scritto di lui Germanio Celant.

Cosa volesse dire Celant, lo spiega bene «Seedbed», uno delle decine di pezzi di performing art prodotti negli anni '70 che esploravano vari elementi di esibizionismo, disagio col corpo e gender play. Acconci aveva costruito un falso pavimento nella galleria di Ilona Sonnabend a Soho: ci si era nascosto sotto, masturbandosi mentre la gente camminava sopra. Quel pezzo divenne un'icona della body art.

Il suo messaggio fin dall'inizio fu di mettere a nudo il malessere esistenziale che pervadeva la società americana.
Alcune performances avrebbero potuto farlo arrestare, ma Acconci sembrava avere un istinto particolare per evitare grane con la legge. In uno degli altri suoi pezzi più famosi, “Following Peace”  del 1969, Vito passò un mese seguendo ogni giorno una persona scelta a caso per le vie di Manhattan, a volte portandosi dietro un amico per fotografare l'azione.

A metà anni Settanta aveva effettuato una metamorfosi, abbandonando il mondo delle gallerie e reinventando si come architetto e designer non ortodosso e creando opere come parchi pubblici, aree di attesa negli aeroporti e persino un'isola artificiale, «Murinsel», su un fiume dell'Austria.


 
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