Iran, condannato a morte il ricercatore di Novara, i colleghi: «non ci arrendiamo»

Iran, condannato a morte il ricercatore di Novara, i colleghi: «non ci arrendiamo»
Lunedì 23 Ottobre 2017, 12:47 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 18:04
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È stato condannato a morte Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano arrestato a Teheran lo scorso anno con l'accusa di essere una spia. Djalali ha lavorato per quattro anni a Novara, all'Università del Piemonte Orientale. Sono stati proprio gli ex colleghi a mobilitarsi in suo favore già nei mesi scorsi.

A rendere nota la condanna di Ahmadreza è stata la senatrice del Pd Elena Ferrara : «La notizia ci è arrivata dalla moglie e questa mattina è stata confermata dalla Farnesina. Ridaremo vigore alla mobilitazione, non ci arrendiamo».

Quarantacinque anni, Djalali si trova dall'aprile 2016 nella prigione di Evin, a Teheran. Esperto di medicina d'emergenza, tra il 2012 e il 2015 ha lavorato al Centro di ricerca interdipartimentale in medicina dei disastri dell'Università del Piemonte Orientale. A suo favore, nei mesi scorsi, c'è stata una mobilitazione internazionale, che ha portato alla raccolta di oltre 220 mila firme in tutto il mondo. Amnesty International ha avviato un'azione urgente e i figli di 5 e 14 anni, che vivono in Svezia con la mamma, si sono rivolti anche a Papa Francesco.

L'assemblea generale della Crui ha approvato nel marzo scorso una mozione, in cui i rettori delle università italiane ribadiscono «l'incondizionata difesa di tutte le libertà civili e processuali». E lo stesso Djalali, che respinge le accuse al pari di chi lo ha conosciuto e ha lavorato con lui, ha osservato un lungo sciopero della fame per ottenere dall' Iran il rispetto dei propri diritti.

Una mobilitazione fatta partire in Italia da Elena Ferrara e sostenuta anche dalla senatrice a vita Elena Cattaneo e dal presidente della commissione per i diritti umani di Palazzo Madama Luigi Manconi, che hanno seguito la vicenda fin dall'inizio. Presto sarà presentata un'interrogazione urgente al Ministro degli esteri Angelino Alfano. «La motivazione della sentenza capitale - spiegano - parla di «contatti con Israele», riferiscono i tre senatori che nei mesi scorsi avevano incontrato l'ambasciatore iraniano a Roma e informato il ricercatore l'Alto commissario dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.
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