Assange non si consegnerà agli Usa:
dietrofront dopo la grazia a Manning

Assange non si consegnerà agli Usa: dietrofront dopo la grazia a Manning
Mercoledì 18 Gennaio 2017, 21:24 - Ultimo agg. 20 Gennaio, 15:06
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Dietrofront di Juliane Assange sul suo rientro negli Usa. Rientro che aveva promesso se Barack Obama avesse concesso la grazia alla "talpa" di Wikileaks Chelsea Manning. Se in un primo momento era trapelata su alcuni media britannici e statunitensi la notizia che la promessa sarebbe stata mantenuta, dopo la commutazione della pena decisa dal presidente americano uscente, uno dei legali del giornalista australiano ha smentito in seguito la voce. Spiegando che la decisione di Obama non è sufficiente: «È meno di quanto Assange ha chiesto. Non si chiedeva una riduzione della pena, ma la grazia e la scarcerazione immediata di Manning», spiega l'avvocato.

Intanto monta l'ira dei repubblicani e di Donald Trump, col vicepresidente eletto Mike Pence che parla di Manning come di un «traditore» e accusa Obama di aver compiuto un gravissimo errore. Con l'aggravante ora di non aver ottenuto nemmeno il ritorno in patria del 'gurù di Wikileaks, uno degli uomini su cui gli Stati Uniti vorrebbero da anni mettere le mani. Ricostruendo i fatti, il fondatore di Wikileaks, il sito che ha pubblicato in dieci anni di attività migliaia di documenti segreti imbarazzanti o pericolosi per gli Usa, compresi i recenti hackeraggi russi, aveva promesso la scorsa settimana che se il presidente Usa avesse concesso la grazia a Manning lui avrebbe accettato l'estradizione in Usa «nonostante la chiara incostituzionalità» del caso pendente al ministero della giustizia. Dopo la mossa di Obama, Assange su twitter ha cantato «vittoria», ringraziato i sostenitori della causa ed elogiato Manning come «un eroe, il cui coraggio dovrebbe essere applaudito».

Ha poi chiesto agli Usa di «fermare la loro guerra contro gli informatori e gli editori, come Wikileaks ed io stesso», perchè insieme ai giornalisti essi «distribuiscono informazioni autentiche su questioni chiave come gli abusi dei diritti umani e gli atti illegali di dirigenti governativi». Ma non ha fatto alcun cenno alla sua promessa. Per lui hanno parlato i suoi avvocati. «Tutto ciò che ha detto lo manterrà», ha detto Melinda Taylor, suggerendo che non si rimangerà il suo impegno. Ma un altro suo legale, Barry Pollack, non ha risposto sull'intenzione di Assange di consegnarsi alla giustizia americana e si è limitato a ricordare di aver chiesto per molti mesi al dipartimento di giustizia di chiarire lo status del suo assistito. «Spero accada presto», ha auspicato. In effetti il dipartimento di giustizia Usa non ha mai annunciato alcuna accusa contro Assange e non è chiaro se lo abbia fatto in modo segreto. Un giallo. In ogni caso qualsiasi decisione su una eventuale incriminazione ed estradizione ricadrà sulla prossima amministrazione.

Con un Trump che potrebbe essere incline alla clemenza, ma anche più imbarazzato dopo il suo plauso al lavoro di Wikileaks e le conclusioni dell'intelligence Usa che gli hacker russi si sono serviti del sito di Assange per favorirlo nella corsa presidenziale, danneggiando la sua rivale Hillary Clinton e il partito democratico. Assange si è rifugiato nell'ambasciata ecuadoregna di Londra oltre quattro anni fa per evitare l'estradizione in Svezia, dove è indagato per violenza sessuale.

E si è rifiutato di farsi interrogare in Svezia temendo l'estradizione negli Usa. Estradizione che sarebbe sicura nel caso di Edward Snowden, l'ex talpa della Nsa protagonista nel 2013 del 'Datagatè rifugiatasi a Mosca. Ma il Cremlino lo ha blindato: il suo permesso di soggiorno è stato esteso per altri tre anni, fino al 2020, e presto avrà i requisiti richiesti per poter chiedere la cittadinanza russa, come ha annunciato il suo avvocato, Anatoli Kucerena.

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