Attentati di Parigi. «Addio Valeria, conoscerti è stata una emozione»

Attentati di Parigi. «Addio Valeria, conoscerti è stata una emozione»
di Mario Ajello
Sabato 21 Novembre 2015, 14:27 - Ultimo agg. 18 Novembre, 14:43
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Parigi nella sua versione più triste accoglie i genitori di Valeria. Piove. Tira anche vento. E il traffico è un traffico particolarmente caotico e rumoroso - le solite sirene della polizia che spingono i passanti in uno stato di inquietudine: «Oddio, ci risiamo?» - forse fatto apposta per esorcizzare il vuoto e il silenzio di tomba a cui la jihad vorrebbe ridurre questa città.

Luciana e Alberto, mamma e papà della ragazza veneziana che non è riuscita a salvarsi dalla furia dei kalashnikov al Bataclan. Ora il suo corpo senza vita aspetta l'abbraccio dei genitori che su un'auto del consolato italiano stanno andando ad accarezzarla, sbarcano all'aeroporto Charles De Gaulle e sono nello stato d'animo più umanissimo che possa esserci in questi casi.



Signora... «È un momento terribile, penoso, non ci sono parole per descrivere l'abisso di dolore in cui siamo precipitati. Mi sento soltanto di dire quanto si stiano impegnano l'ambasciata e il consolato per noi, per Valeria, per rendere più semplici le procedure per riportare nostra figlia in Italia e darle il riposo che merita dopo tanto strazio».



Sono arrivati da Venezia. Si uniscono ad Andrea Ravagnani, il fidanzato trentenne di Valeria, che ancora non si è tolto e quasi non vorrebbe togliersi mai quel cerotto che ha sull'orecchio, colpito di striscio da un proiettile, pur di tenere viva la memoria di ciò che è successo nel maledetto venerdì. Quando lui si è salvato e la sua ragazza non ce l'ha fatta.

Ora, direzione Place Mazas, proprio sulla Senna, all'obitorio. Si è ormai diradata - quando arrivano nella camera mortuaria Luciana e Alberto pallidissimi e Andrea con il suo barbone rosso molto hipster e che lo strazio ha allungato ancora di più - la fila dei parenti delle altre vittime di tutte le razze, molto arabi, che lungo l'intera giornata avevano aspettato il proprio turno. Per poi entrare nella sala del dolore e uscirne dopo lacrime e carezze, portando in mano i documenti dell'autopsia. Nei casi in cui l'autopsia già c'è, ma non per tutti è cosi. Per esempio per Valeria.

«Pensavamo di poterla portare in Italia subito», dicono i genitori, «ma ci sono ancora delle procedure da completare». Venezia comunque è già pronta ad accoglierla, per volontà del sindaco Brugnaro, nel cimitero monumentale dell'isola di San Michele. Con la serenità di una Serenissima che ha perduto una ragazza che ha fatto onore a quella città storicamente aperta al mondo e che ha insegnato a Valeria a non avere paura del mondo anche se talvolta, come la giovane Solesin ha patito sulla propria pelle, il mondo non sa fermare i demoni di chi lo vuole distruggere.



Entrano all'obitorio Luciana, Alberto e Andrea insieme a Chiara, che è sua sorella, era amica di Valeria e stava con loro nella notte maledetta al Bataclan. Escono dopo più di un'ora dalla camera mortuaria, e in mano non hanno niente: né le carte dell'autopsia, che nelle prossime ore verrà fatta, si spera, né borse o buste. Come quelle che altri parenti di altre vittime tengono in mano uscendo dalla sala. E in quei recipienti si possono scorgere scarpe o vestiti che le madri e i padri dei ragazzi ormai senza vita portano a casa, laceri e ancora insanguinati, e lo spettacolo di questi trasporti è straziante.



Sul ponte sulla Senna piove ancora, i genitori e il ragazzo di Valeria salgono in auto e dove vanno? La figlia da due mesi si era trasferita con Andrea nella nuova casa di Rue Oberkramps, nel XI arrondisment, proprio il quartiere della strage, in una via lunga e stretta poco distante dal Bataclan. «Era così contenta della loro nuova casa», confida la mamma a chi la chiama per farle forza in un momento così.

Ci sono in questa abitazione, tipica di due ragazzi appassionati di libri, di musica di futuro, le foto dell'ultima vacanza che Valeria aveva fatto con il suo Andrea.



«Vedete, eravamo nel sud della Francia, posti stupendi, un amore stupendo», dice lui. In camera da letto ci sono le scarpe da ginnastica e l'abbigliamento per il jogging di Valeria: si stava allenando per fare la sua prima maratona di un certo impegno. Portare a Venezia quel libro o quella foto? E il filo di perle che rendeva ancora più luminoso il viso luminoso di una ragazza caduta per colpa dell'oscurantismo? L'intera memoria di Valeria vorrebbero portare in Italia, Luciana e Alberto. Mentre Andrea, che lavora in una catena di negozi bio, Naturalia, ma c'è tempo per tornare a lavoro, non riesce a contemplare per ora una vita a Parigi senza la donna per la quale si era spinto a venire quaggiù.



La mamma e il papà vogliono conoscere direttamente, e ringraziare, tutto il mondo parigino che ha aiutato Valeria ad essere ciò che è stata. E oggi pomeriggio andranno al centro di demografia della Sorbona, per partecipare alla cerimonia per Valeria. Quando mamma Luciana e papà Alberto entreranno nello studio della figliola, a Boulevard Davout, sulla sua scrivania troveranno mazzi di fiori. E biglietti gonfi di commozione da parte dei colleghi e di prof: «Valeria, conoscerti è stata un'emozione».







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