Bagnoli, un'intesa che non va sprecata

di Bruno Discepolo
Mercoledì 19 Luglio 2017, 23:22 - Ultimo agg. 20 Luglio, 08:20
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Qualcuno si spinge a definire storica la giornata di ieri, che ha visto la sottoscrizione dell’accordo su Bagnoli. Altri preconizzano che quello intrapreso è un percorso irreversibile, e dunque che i maggiori problemi siano alle nostre spalle. Forse è davvero così, ma in passato, con Bagnoli, più di una previsione si è dimostrata tutt’altro che una certezza e troppo spesso ci si è ritrovati a dover ricominciare daccapo. E la stessa sensazione di essere arrivati così vicini alla soluzione della riqualificazione del comprensorio occidentale napoletano ha contagiato, solo pochi anni fa, molti protagonisti della vita politica, istituzionale ed economica della città. Perché, è bene ricordarlo, a cavallo tra la fine del secolo scorso e i primi anni del Duemila, per favorire la rinascita dell’area, una volta dismessi gli impianti produttivi, sono stati varati ben due strumenti urbanistici (la Variante della zona occidentale e il Piano urbanistico esecutivo di Coroglio), è nata la Società di Trasformazione urbana, con l’acquisizione alla mano pubblica dei suoli, sono state avviate le bonifiche e realizzati tre progetti di rilievo, Parco dello Sport, Porta del Parco, Turtle Point, ed avviate opere quali gli Studios, Corporea, ecc. Che poi tutto questo sia naufragato, e l’eredità di quella stagione sia ormai poca cosa, è tutt’altro discorso che non è il caso di fare in questa circostanza. Nella quale, senza minimamente voler incrinare il giusto sentimento di soddisfazione per il risultato conseguito, devono prevalere, più che le recriminazioni sul passato, considerazioni ed impegni futuri. 

Con una consapevolezza che dovrebbe orientare, in particolare in questa giornata, giudizi e valutazioni sull’intesa raggiunta in prefettura: si tratta, in definitiva, di un accordo a livello politico-istituzionale che sancisce, al momento è difficile prevedere, se un armistizio o una pace definitiva.

Si pone fine alla fase di contrapposizione frontale, a suo tempo avviata dal sindaco de Magistris contro l’allora premier Renzi, per riportare i rapporti tra amministrazione comunale e governo (ma anche tra Comune e Regione) dentro un solco di auspicabile cooperazione istituzionale. È presumibile che da ora in poi a tenere i rapporti tra i diversi soggetti coinvolti nella complessa governance per la rigenerazione di Bagnoli siano di più i tecnici e di meno gli avvocati, che ai ricorsi giudiziari si sostituiscano grafici ed elaborati progettuali. Perché, e qui veniamo ad una seconda considerazione di fondo, è vero che l’intesa raggiunta è frutto di una mediazione, ma solo formalmente conseguita nel merito delle soluzioni tecniche illustrate nelle Schede tematiche allegato all’Accordo interistituzionale sottoscritto. Per un numero significativo di questioni, infatti, la soluzione è ancora sospesa, in attesa di approfondimenti e di condivisione, come nel caso del trasporto su ferro, dove si ipotizzano 4 scenari alternativi o per il porto turistico localizzato a Nisida. Per molte altre, il livello di approfondimento raggiunto nel documento licenziato è ancora così approssimativo da rafforzare l’impressione che più di un’intesa raggiunta sulle cose da fare e come farle ci si trovi di fronte ad un faticoso accordo sulle cose che non dovranno essere contenute nei due diversi strumenti urbanistici, che tradurranno gli obiettivi fissati nell’atto sottoscritto ieri in piani con relative normative. Vale a dire, il Programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana (“sub-ambito interno”), di competenza del Soggetto attuatore Invitalia e del Commissario straordinario di governo Nastasi, e del nuovo Piano urbanistico attuativo di Bagnoli-Coroglio (“sub-ambito esterno”), a cura del Comune di Napoli. 

È questo il caso di Città della Scienza, per la quale si stabilisce che dovrà arretrare il suo sedime, o anche di alcune demolizioni, previste inizialmente sia dal Pue comunale che dalla prima versione presentata da Renzi, come quelle del Borgo di Coroglio o dell’Archivio dell’Ilva, per i quali ora se ne consente la conservazione in situ. La sensazione che prevale, anche dopo la lettura del documento e degli allegati tecnici, è che ci si trovi di fronte ad una mediazione che consente a tutti gli attori coinvolti di dichiararsi soddisfatti e, se possibile, vincitori nel braccio di ferro che ha paralizzato, area flegrea e città di Napoli, per troppi anni. 

Volendo anche pagare il prezzo di una così lunga paralisi, deve essere chiaro a tutti che ora è necessario cambiare il passo, iniziare a riempire di contenuti veri il programma e le sue previsioni economiche e finanziarie, di cominciare una volta per tutte a progettare quella che resta una delle aree di maggior interesse e potenzialità di valorizzazione a livello mondiale con strumenti e professionalità all’altezza della sfida. Smettendola di presentare grafici o render che si presentano ancora senza una visione di insieme, o immaginando di sopperire alle oggettive carenze della struttura messa in piedi da Invitalia per un compito tanto impegnativo con supporti esterni o successive gare e concorsi di progettazione. 

La qualità delle singole architetture è questione che viene dopo, qui e ora è in discussione la natura del masterplan, del progetto urbano, del ridisegno di una parte strategica del territorio metropolitano. Ci vuole una visione, una capacità di sintesi e al tempo stesso di contestualizzazione delle singole parti che comporranno il puzzle di Bagnoli, una struttura di relazione e un’idea di paesaggio. Bisogna andare oltre la semplice elencazione delle funzioni ospitate in uno spazio indistinto, così come appare ancora oggi, lo schema proposto da Invitalia e accettato dal Comune. 

Non ci si può che augurare, allora, che chiusa la fase delle polemiche e raggiunto l’accordo politico, si cominci ora a lavorare nel merito delle soluzioni, predisponendo un vero progetto, aprendo alla partecipazione, ai contributi esterni, alla condivisione del territorio.
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