Brexit. Floridi: «Il popolo dei pub si è bevuto la civiltà»

Brexit. Floridi: «Il popolo dei pub si è bevuto la civiltà»
di Francesco Lo Dico
Domenica 26 Giugno 2016, 10:08 - Ultimo agg. 10:09
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«All'alba di venerdì si è consumato uno strappo epocale che ha decretato la fine della Gran Bretagna. È la sconfitta della politica, che nell'appellarsi al popolo dei pub ha forzato le ragioni della democrazia per inseguire le pulsioni del populismo. Ed è anche la sconfitta dell'Europa, che alle false promesse di ciarlatani e xenofobi, non ha saputo contrapporre una visione capace di unire ma soltanto una miope navigazione a vista. Ora si viaggia divisi. Ora si va in un mare incognito». Dalla sua cattedra di Oxford, dove insegna Filosofia ed Etica dell'informazione, Luciano Floridi si è lungamente battuto contro la Brexit. Tra i più autorevoli pensatori contemporanei, il professore che ha teorizzato l'infosfera, si mostra assai deluso nonostante l'aplomp oxoniano.

Professore, che cosa rappresenta in termini simbolici il divorzio dall'Europa?
«È stato compiuto un delitto generazionale. Milioni di giovani britannici sono stati sospinti nel vuoto da vecchie truppe nostalgiche e poco istruite che non pagheranno le conseguenze di questo blitz scellerato. La Brexit rappresenta la fine della Gran Bretagna, che dopo l'inevitabile addio della Scozia di grande non avrà più niente, ma anche il tramonto di quel liberalismo che dopo la guerra aveva fatto dell'isola il luogo dell'accoglienza e delle libertà democratiche. Da ieri il Regno Unito ha invertito il senso della storia per ripiegare in una dimensione insulare. La decisione di riscrivere le proprie coordinate geografiche, fa di questa terra di mezzo dove si incontravano due mondi, il peggiore dei mondi possibili».

Qualcuno intravede nell'addio la possibilità di realizzare un'Europa vera. È così?
«Dopo l'addio del partner riluttante, che frenava le ambizioni di Francia, Italia e Germania, l'Europa potrebbe essere più Europa. Oggi gli europei sono destinati a divenire tutti più tedeschi. È grazie al motore di Berlino, che viaggia la locomitiva d'Europa. Ma è proprio dalla direzione e dalla velocità prescelta da chi guida, che un'altra Europa può sorgere o scegliere di deragliare di fronte al sabotaggio populista».

È stata la xenofobia a trascinare via dal Vecchio continente la Gran Bretagna?
«La Gran Bretagna non è più xenofoba o nazionalista di altri Paesi. Ma è il Paese dove la crisi finanziaria, lo spettro dell'immigrazione e il disagio delle periferie ha incrociato la storia a un bivio fatale, per uscirne in mille pezzi. La Brexit è un ammonimento a tutta quell'Europa che ha guardato per anni al fascismo come a un processo storico conchiuso e superato dalla storia. A quell'Europa che oggi deve saperne riconoscere per tempo uno status antropologico, che risiede nell'appello alle emozioni più viscerali e irrazionali che soltanto la paura sa scatenare».

Eppure i leader euroscettici parlano del referendum come una grande vittoria della democrazia.
«É stato il fallimento della democrazia. Un'opera di disinformazione straordinaria che è stata condotta su tutti dalla Bbc, complice di un disegno che ha posto sullo stesso piano astrologia e astronomia, le bubbole del Leave e l'informazione reale. Un bluff che Cameron e Johnson hanno portato avanti fino all'autodistruzione per mascherare l'horror vacui della politica. Nel tentativo di sorpassare a destra la follia nazionalista, si è voluto consegnare a tutti una pistola. I violenti l'hanno usata per sparare, i pacifisti sono rimasti nell'angolo. Ma è democrazia, quella che ha permesso al popolo dei pub di assassinare la Gran Bretagna?».
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