Brexit al via, May firma la lettera. Strappo della Scozia: referendum per separarsi dal Regno Unito

Brexit al via, May firma la lettera. Strappo della Scozia: referendum per separarsi dal Regno Unito
Martedì 28 Marzo 2017, 18:47 - Ultimo agg. 29 Marzo, 13:28
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LONDRA «È uno dei momenti più importanti nelle recente storia del Regno Unito». Il conto alla rovescia inizia oggi: il 29 marzo del 2019 il Regno Unito sarà un ex membro dell'Unione europea. Dopo nove mesi di dichiarazioni vaghe e pressoché senza contraddittorio su come sarà la Brexit, inizia per la premier Theresa May, che non nasconde affatto la portata storica della decisione, un confronto con la realtà del negoziato più difficile dal dopoguerra ad oggi, negoziato su cui continuano a pesare i venti indipendentisti scozzesi, che invece di essere sopiti dall'atteggiamento intransigente tenuto dall'inquilina di Downing Street nelle ultime settimane ne sono usciti decisamente rafforzati.
Ieri il Parlamento scozzese ha votato con una maggioranza di 69 contro 59 il mandato alla pugnace leader dello Scottish National Party, Nicola Sturgeon, di indire un secondo referendum dopo quello del 2014, definito ai tempi «l'unico di una generazione» ma finito con un 55% degli elettori a favore dell'unione. La sterlina, subito dopo, è crollata. La Sturgeon, che lunedì scorso ha incontrato la May, ha prontamente annunciato un nuovo voto, per il quale presenterà una richiesta formale entro la fine della settimana, ma il segretario per la Scozia David Mundell ha fatto sapere che «non entreremo in alcun negoziato fino a quando il processo della Brexit non sarà completo». Un punto di vista «democraticamente indifendibile», secondo la leader, che nel suo discorso al parlamento di Edimburgo ha dichiarato che «gli scozzesi dovrebbero avere il diritto di scegliere tra la Brexit, probabilmente una Brexit molto dura, e la possibilità di diventare un paese indipendente».

BRACCIO DI FERRO
Il voto si sarebbe dovuto tenere la settimana scorsa, il 23 marzo, ma è stato rinviato per via dell'attentato di Westminster e l'SNP, che non ha la maggioranza, ha vinto grazie all'appoggio esterno dei Verdi. Un braccio di ferro in piena regola, quello tra Londra e Edimburgo, che si era detta disponibile ad aspettare la fine del negoziato sulla Brexit ma che potrebbe dover aspettare ancora: le parole di Mundell fanno pensare che il governo si riferisca non solo a quando il negoziato sarà finito, ma a quando anche il periodo di transizione si sarà concluso. Perché la finestra di due anni che Londra ha davanti a sé difficilmente basterà per districare l'enorme matassa normativa e pratica legata a 45 anni di convivenza, tanto che è praticamente certo che dovrà chiedere un periodo di transizione di qualche anno, forse cinque, in cui il Regno Unito continuerà ad avvalersi dell'expertise di alcune agenzie europee. La prospettiva di tempi lunghi sembra però preoccupare la Germania. Handelsblatt, citando un documento interno del ministero delle finanze tedesco, rivela i timori di Berlino: «Se non ci si accorda in fretta la stabilità finanziaria è a rischio». Alcune fonti diplomatiche europee hanno fatto sapere di un maggiore pragmatismo da parte dei britannici, anche alla luce di dati concreti come il fatto che senza accordo con la Ue il numero di controlli doganali salirebbe da 17 milioni all'anno a 350 milioni all'anno.

FUORI DAL MERCATO UNICO
Dopo la strana guerra di questi nove mesi, fatta di dichiarazioni massimaliste, ora per Londra inizia un vero e proprio bagno di realtà: nel corso di un forum dove i paesi del Golfo hanno annunciato 5 miliardi di sterline di investimenti, la May ha parlato di «uno dei momenti più significativi che il Regno Unito abbia vissuto in molti anni» e di un paese che «si apre al mondo e ritaglia un ruolo ancora più importante per sé stesso». Ma l'uscita dal mercato unico, la fine della libera circolazione dei lavoratori, il destino dei tre milioni e passa di cittadini europei che vivono nel Regno Unito e il conto da 60 miliardi di euro che Bruxelles vorrebbe presentare a Londra prima di vederla andare via sono tutti aspetti che ora la May dovrà discutere con partner determinati quanto lei a non cedere nulla. E che dovrà far accettare ad un'opinione pubblica a cui è stato detto per mesi che tutti i risultati sono a portata di mano.

Ieri alcuni deputati pro-Brexit hanno lasciato un incontro della Commissione parlamentare sull'uscita dalla Ue in cui Hilary Benn del Labour cercava di far inserire nel libro bianco sulla Brexit un rapporto giudicato «troppo cupo» sul futuro del paese.

La catastrofe economica che alcuni annunciavano a giugno in caso di vittoria della Brexit non si è verificata, ma la Brexit non era ancora avvenuta. Oggi, quando all'ora di pranzo (12,30) la lettera della May arriverà nelle mani del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, inizierà ad essere realtà.

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