Trump, il dossier scandalo finanziato dai repubblicani

Trump, il dossier scandalo finanziato dai repubblicani
Giovedì 12 Gennaio 2017, 19:35 - Ultimo agg. 14 Gennaio, 14:57
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Il dossier-scandalo che a pochi giorni dall'insediamento alla Casa Bianca imbarazza e fa infuriare Donald Trump sarebbe nato dall'iniziativa di un ricco e influente finanziatore del partito repubblicano. A rivelarlo è il New York Times, dando così alla vicenda sempre più il contorno di un giallo. Con l'impossibilità finora di verificare la veridicità delle informazioni compromettenti sul tycoon che sarebbero nelle mani di Mosca: dai festini hard in un hotel di Mosca alle tangenti pagate per ingraziarsi le autorità russe in vista di possibili affari, fino ai contatti con gli 007 di Mosca sull'hackeraggio dello staff di Hillary Clinton.

Tutto materiale potenzialmente esplosivo che rappresenterebbe una formidabile arma di ricatto nelle mani del Cremlino. Mentre il numero uno dell'intelligence Usa replica alle accuse del presidente eletto: «Non siamo noi dietro alla fuga di notizie sul rapporto top secret», afferma James Clapper. Intanto il nuovo capo del Pentagono, l'ex generale James Mattis, corregge il tiro su Mosca rispetto alla retorica da campagna elettorale di Trump, definendo la Russia di Vladimir Putin attualmente la più grande minaccia per la Nato. Parole in linea con quelle del prossimo capo della Cia, Mike Pompeo, secondo cui Mosca dovrebbe anche essere ritenuta responsabile per la sua intrusione nella processo elettorale americano. Anche il neo segretario di Stato, Rex Tillerson, ha parlato della Russia come di un pericolo dopo l'invasione della Crimea. Tutte parole che il Cremlino liquida come «isteria». L'attenzione a Washington è però tutta concentrata in queste ore sul contenuto del dossier-scandalo sul neo presidente. Si tratta di una decina di memo di poche righe l'uno, accuratamente preparati tra giugno e dicembre 2016 dall'ex spia britannica Cristopher Steele, di cui non si ha più traccia da giorni. Dossier che è nelle mani di Fbi e 007 Usa e che presenta in appendice la sintesi presentata la scorsa settimana a Trump, Barack Obama e ai leader del Congresso. Il colpo di scena dell'ultim'ora è che ad innescare la vicenda non sarebbero stati oppositori democratici del tycoon, ma ambienti repubblicani decisi a ostacolare in tutti i modi la campana elettorale di Trump. Così il ricco finanziatore del Grand Old Party - di cui il Nyt non fa il nome - è stato il primo a commissionare la raccolta di dati sui presunti legami tra il tycoon e la Russia, nel settembre 2015.

L'incarico fu dato a un'impresa di ricerca di Washington, la Fusion Gps, guidata da un ex giornalista del Wall Street Journal, Glenn Simpson. Fu quest'ultimo sette mesi fa a contattare Steele - titolare di una società privata di intelligence, la Orbis - per la preparazione di un 'filè. Ma dopo la nomination di Trump a giugno i clienti della Fusion cambiarono e divennero ambienti democratici. L'ex 007 britannico - che aveva vissuto in Russia negli anni '90 come spia sotto copertura e una volta tornato a Londra era diventato il maggior esperto di Russia nei servizi di Sua Maestà - non potendo rientrare in Russia ingaggiò a sua volta alcuni russi per contattare informatori sul posto.

Così sono nati i memo che hanno dato vita al dossier. Un lavoro che è stato portato avanti da Steele e dalla Fusion anche dopo l'elezione di Trump, quando non c'erano più clienti, scrive il Nyt, con le informazioni date a Fbi e 007. Intanto Trump ha nominato Rudy Giuliani alla guida di una task force che si occuperà della sicurezza informatica. In particolare l'ex sindaco di New York si occuperà della protezione delle aziende private da attacchi hacker.

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