La mappa del contagio si allarga, i nuovi casi di Ebola in Congo aprono un altro fronte di emergenza. E ora ci sono tutte le condizioni perché il virus prenda il sopravvento e l’epidemia sfugga dal controllo, è l’allarme del professor Peter Piot, scopritore del virus nel 1976.
Ciò che fa paura, afferma il ricercatore, è l’ampiezza della propagazione dell’infezione e la «straordinaria lentezza» dell’Organizzazione mondiale per la sanità nell’affrontare la crisi. Che potrebbe durare ancora a lungo, prevede l’esperto. «Non si era mai visto un focolaio di tali dimensioni. Da sei mesi stiamo assistendo alla cosiddetta ”tempesta perfetta”, potremmo non essere più in grado di controllare l’epidemia». Il virus infatti ha vita facile «in Paesi in cui i servizi sanitari non funzionano, smantellati da decenni di guerre, e dove la popolazione nutre una totale mancanza di fiducia nelle autorità». E l’Oms? «Si è svegliata solo a luglio - dice il medico - quattro mesi dopo l’inizio del contagio».
IL VIRUS IN CONGO
Intanto da Medici senza frontiere scatta l’allerta per il Congo, quinto Paese colpito da Ebola. «Serve che altre organizzazioni si facciano avanti e uniscano le forze per supportare il ministero della Salute: noi non riusciremo a farlo da soli» afferma Jeroen Beijnberger, coordinatore medico di Msf nell’ex Zaire.
ITALIANI A RISCHIO
E chi invece deve lavorare nelle zone in cui il virus imperversa? «Ci sono diverse imprese italiane, nei settori della forestazione e del commercio, che operano nei Paesi coinvolti dal focolaio. Noi stiamo dicendo loro di continuare a lavorare seguendo le prescrizioni fissate dall’Oms, senza entrare nel panico. Certo se nei prossimi giorni la situazione si aggraverà le indicazioni cambieranno», afferma il presidente della camera di commercio ItalAfrica Centrale, Alfredo Cestari. Nervi saldi dunque, ma attenzione ai massimi livelli. Come spiega Antonio Vigilante, vice rappresentante del segretario generale delle Nazioni Unite in Liberia, 1.500 casi accertati «non danno un’immagine veritiera dell’epidemia, le persone entrate in contatto con i malati sono molto più di quelle segnalate». Insomma, «l’epidemia è grave, non c’è un’inversione di tendenza e ci vorranno mesi per contenerla».