Elezioni in Spagna, lo scrittore Savater: «Rischio trionfo dei populisti ma qui sono tutti per la Ue»

Elezioni in Spagna, lo scrittore Savater: «Rischio trionfo dei populisti ma qui sono tutti per la Ue»
di Paola Del Vecchio
Domenica 26 Giugno 2016, 09:25
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MADRID «Brexit dimostra che la minaccia dei populismi è reale e seria in Europa. Anche la recente elezione dei sindaci del Movimento 5 Stelle in Italia ne è la prova. Ora tocca alla Spagna, dove Unidos Podemos potrebbe ottenere un risultato molto migliore di quello che avremmo desiderato». Alla vigilia delle elezioni odierne, le seconde in sei mesi in Spagna, il filosofo e scrittore Fernando Savater, autorevole esponente del pensiero libertario, valuta i possibili effetti del leave britannico nel primo test nelle urne del continente smarrito. A marzo, in una lettera aperta all'Europa, Savater ripercorreva le radici dell'unione e denunciava i rischi di nazionalismi e populismi che ora, dopo l'addio inglese, sono una realtà.

Come crede influirà Brexit sul progetto europeo?
«Dipenderà chiaramente dall'attitudine dell'Europa. Può essere un avviso perché la Ue consideri che è inutile continuare a fare concessioni ai paesi che non vogliono stare nell'Unione. Con l'accordo negoziato, si offriva a Londra uno status privilegiato, in moltissimi aspetti del tutto diverso da quello di altri soci, e invece ha finito con l'andare via. Credo che la cosa migliore sia che nell'Unione restino gli stati che realmente vogliono starci, e con norme ferme».

A voltare le spalle all'Europa è stata la generazione degli ultra 65enni che ha ipotecato il futuro dei ventenni, all'80% favorevoli al remain: è la spia di uno scontro generazionale?
«È il sintomo del fatto che il continente invecchia e più che preoccuparsi per il futuro, ha uno sguardo nostalgico sul passato. Ora che gli anziani sono la generazione prevalente, si impone sempre più la voglia di un ritorno ai bei tempi andati, e idealizzati, nel caso della Gran Bretagna».

Che effetto può avere Brexit sui nazionalismi in Spagna?
«Chiaramente quello di alimentarli, anche se gli indipendentisti catalani, baschi o galiziani dicono di non voler uscire dalla Ue, come gli scozzesi. Ma è certo che il leave ha dato loro le ali in un momento di impasse».

In questo si differenziano dalla destra xenofoba
«Sì, soprattutto perché temono, come nel caso dei catalani, che uscendo dalla Spagna diventerebbero irrilevanti. Li preoccupa restare nel mercato europeo».

Potrebbero rappresentare anche la base di un'Europa dei cittadini?
«No, perché questa si fa affermando una cittadinanza europea in un'Europa delle nazioni. Il nazionalismo separatista di catalani e baschi pretende di trasformare la diversità culturale in frammentazione politica. Il diritto di decidere, che definisce la cittadinanza democratica, spetta secondo loro ai territori e non agli individui».

Cosa è mancato finora per realizzare l'Europa dei cittadini?
«Decisioni. Alle origini, alcuni padri del progetto, come Altiero Spinelli, la invocarono, ma si scontrarono con gli stati e le nazioni, che volevano mantenere la propria sovranità e non creare una cittadinanza transnazionale».

Potrebbe essere il momento per un passo avanti?
«L'ho sempre creduto. Col mio amico Marco Pannella abbiamo sempre pensato a una cittadinanza transnazionale, ma finora è stato impossibile».

Prevede un'onda d'urto nelle urne in Spagna?
«Non so se il Brexit avrà un forte impatto. Siamo tutti scioccati, ma non credo avrà una grande ripercussione sul voto interno. Piuttosto, il populismo nostrano può vincere le elezioni, perché canalizza la rabbia contro i partiti».

Assimila Podemos ai movimenti populisti in Europa?
«Chiaro, è un classico movimento populista, senza una linea ferma, che cambia costantemente ideologia, si approfitta della protesta per farla propria e convertirla in bandiera e in seggi, non come soluzione, ma come puro scandalo».

Tuttavia Podemos, a differenza dell'estrema destra xenofoba o dell'Ukip, rivendica l'Europa come patria sociale degli europei
«Adesso, perché fino all'altro ieri era vicino alle posizioni di Le Pen e all'Ukip, per l'uscita dall'euro e contro il mercato europeo. È una novità, perché Podemos va adottando continuamente l'ideologia che gli sembra migliore».

Crede che ci sarà lo storico sorpasso sul Psoe?
«Non mi sembra certo, ma è possibile. Si è già visto in Gran Bretagna che gli eventi infausti accadono».

E un sorpasso sui Popolari?
«No, questo no! Il quadro che emerge dai sondaggi è simile a quello di dicembre: un quadripartito, col Pp come prima forza politica».

Potrebbe continuare la stessa situazione di blocco?
«Credo che, se Unidos Podemos diventerà seconda forza, è più probabile che Pp e Psoe arrivino a intendersi. È possibile che i socialisti favoriscano l'investitura di un esecutivo con l'appoggio di Ciudadanos e dei Popolari, anche se con l'astensione».

Anche se persiste la pregiudiziale di Pedro Sanchez e di Albert Rivera nei confronti di Mariano Rajoy, assurto a simbolo del Pp assediato dalla corruzione?
«Credo che Rajoy finirà col farsi da parte, salvo che ottenga un trionfo chiaro nelle urne, che per ora non s'intravede».

Ritiene possibili terze elezioni?
«No, perché si respira molta rabbia in giro, la gente è esasperata per l'incapacità dei partiti di intendersi».

E l'ipotesi di un governo tecnico alla Monti?
«In Spagna non è plausibile. Ma forse, se Rajoy farà un passo indietro, si cercherà per la premiership un profilo meno politico, di prestigio».

E sul futuro dell'Europa, è ottimista o pessimista?
«L'importante è cosa faremo. Ottimismo e pessimismo sono questioni psicologiche, l'importante è cosa la Ue farà per salvare l'Europa».