Francia, Marine Le Pen promette: con me presidente mai più stragi

Francia, Marine Le Pen promette: con me presidente mai più stragi
di Marina Valensise
Sabato 22 Aprile 2017, 08:22 - Ultimo agg. 23 Aprile, 20:54
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Dopo l'ultima sparatoria jihadista sugli Champs Élysées, Marine Le Pen insiste nel richiamo all'ordine, nell'oltranza contro il lassismo, e nell'attacco al governo uscente. Ma il premier Cazeneuve, fino a pochi mesi fa ministro dell'Interno, le ricorda che è stato Hollande a ripristinare le frontiere, a controllare più di cento milioni di persone, a respingerne 80, a espellere 117 jihadisti schedati. Solo che a 48 ore dal voto, ogni esagerazione è consentita. E la candidata del Fronte Nazionale, sicura di essere in testa (ieri è salita di un punto nei sondaggi), non demorde.

LA GAFFE
Era già passata al contrattacco dopo la gaffe negazionista sul Vélodrome d'hiv (arresto e deportazione di 13 mila ebrei nel luglio 1942, da lei attribuito non alla Francia, bensì al governo collaborazionista di Vichy ndr), denunciando la manipolazione. L'hanno accusata di rinnegare il discorso di Jacques Chirac, che nel 1995 fece i conti con quella vergogna nazionale; di essere la figlia di suo padre, che considera i campi di sterminio un dettaglio della storia. E invece no, Marine Le Pen si proclama gollista, sognando una maggioranza ben più ampia di quella dei pétainisti e dei fautori dell'Algeria francese. Come il generale De Gaulle, come François Mitterrand, anche per lei la Francia vera era la France libre, quella della resistenza, che governava da Londra, e ottenne uno strapuntino al tavolo dei vincitori. E d'altra parte il vero scandalo oggi per lei è l'antisemitismo islamista, con gli studenti ebrei che non escono di casa, e le vecchie della banlieue che vengono defenestrate nel silenzio generale.

La candidata del FN insiste nell'opera di normalizzazione iniziata sei anni fa. Si batte contro il sistema, anche se sa approfittarne come pochi. Vuole proteggere i francesi dalla globalizzazione, ridare loro sicurezza, lavoro, identità, farli sentire padroni in casa propria, mentre oggi non sono nemmeno più inquilini, ma occupanti senza titolo. Difende il principio della laicità, pure sul codice del lavoro, per contrastare le rivendicazioni comunitariste (velo, carne hallal nelle scuole, piscine separate), ma riconosce anche l'eredità cristiana, certo filtrata dall'illuminismo, che plasma la nostra visione del mondo. Vuole ripristinare la sovranità della Francia, chiudendo le frontiere, sospendendo Schengen, bloccando i migranti. Con lei al potere, niente strage di Nizza, niente Bataclan, niente attentato contro Charlie Hebdo: un immigrato con la fedina penale sporca non avrebbe mai avuto il passaporto, né un terrorista pluricondannato il permesso di soggiorno. Con lei al potere, sarà la fine dei tecnocrati di Bruxelles e dell'euro, che secondo lei ha portato solo miseria. E a chi osa ricordarle il danno irreversibile per le imprese, l'aumento dei tassi, la crisi finanziaria conseguenza certa del suo programma, MLP replica come un'invasata, citando la Brexit che non è stata poi così male (sic), adattando cifre e dati alla sua utopia fallimentare, e denunciando il globalizzatore senza complessi alias Emmanuel Macron, e quello pieno di vergogna, alias François Fillon, per screditare entrambi.
Così, nonostante la dédiabolisation, la signora del FN resta fedele all'idea di una società chiusa, organica e autarchica. Vuole conquistare l'elettorato moderato, ma si professa l'unica candidata antisistema, anticasta, antiélite, anti Europa, di cui sogna la distruzione, previo referendum.

Della vita privata Marine Le Pen non parla: «Non è che siccome ci piace il foie gras dobbiamo sapere tutto dell'anatra», replica a chi vorrebbe sapere tutto dei tre figli, dei due mariti, dei divorzi, del legame con Louis Aliot, vicepresidente del partito, da lei ripreso in un recente selfie per smentire le voci di rottura.

LA VITA PUBBLICA
La vita pubblica, invece, è passata al setaccio da quando nel 2011 ha conquistato la presidenza del FN col 70% dei voti. La politica prima che una vocazione per lei è stata una scorciatoia. Avvocato senza clienti, nel 1998, lascia la toga per il consiglio regionale del Nord Pas de Calais, regione fortemente deindustrializzata. Deputato europeo, nel 2012 si candida all'Eliseo e ottiene il 17%. Da allora, col suo partito svetta nei consensi, sino a primeggiare nei risultati. Riuscirà a trasformare la qualificazione al primo turno, che molti danno per scontata, nella vittoria al ballottaggio? Improbabile, ma non impossibile, avvertono gli esperti. Tutto dipende da una manciata di voti, e soprattutto dai tassi di astensione e dall'astensione differenziata degli elettori delusi, oltreché dalla scelta finale di moderati, progressisti e radicali di sinistra.