Germania, segnale forte per tutta la Ue

Germania, segnale forte per tutta la Ue
di Giorgio La Malfa
Lunedì 5 Settembre 2016, 08:50
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In un passo del Principe, Machiavelli scrive che negli affari di stato è «come dicono e’ fisici dell’etico» (cioè come dicevano a quel tempo i medici della tisi) che nel principio è difficile da diagnosticare, ma facile a curare, e che quando diventa facile da diagnosticare, è troppo tardi per salvare il malato. Questa riflessione lucida ed amara rischia, dopo il tonfo di Angela Merkel e del suo partito Cdu alle Regionali in Germania Est, di applica perfettamente all’Unione Europea, dove per troppo tempo le classi dirigenti hanno ignorato che vi erano problemi irrisolti che minavano alle fondamenta la solidarietà fra i popoli dell’Unione, per accorgersene solo ora quando è troppo tardi per frenare le reazioni degli elettorati. Il che, ovviamente, renderà ancora più difficile trovare le risposte giuste. 
Il principale problema irrisolto, la causa originale dei problemi europei, è la moneta unica. Essa doveva rappresentare un passo in avanti di straordinaria importanza nel processo di integrazione europea. Si è rivelata e si sta rivelando un fattore di potente di disgregazione economica e di difficoltà politiche. 

Il problema in sé è semplice: la moneta unica significa un’unica politica monetaria e un’unica politica monetaria non può andar bene per un gruppo di paesi che hanno caratteristiche e problemi fra loro molto diversi. La Germania non ha bisogno di una politica monetaria che ne aiuti la crescita: ha una competitività internazionale che le assicura esportazioni soddisfacenti che trainano la crescita del reddito nazionale.

Il suo timore è che le condizioni di finanza pubblica degli altri paesi membri possano mettere in pericolo la stabilità finanziaria e quindi, indirettamente, la solidità della sua situazione economica. 

Per molti altri paesi il problema è tutt’altro: non è la stabilità finanziaria ma la crescita che non c’è e la disoccupazione che cresce e pesa socialmente e politicamente. Per questi paesi, cioè per noi, per la Francia, per la Spagna, per la Grecia, ed altri ancora, la politica monetaria dovrebbe congiungersi alla politica fiscale per favorire la crescita. La priorità è stimolare la ripresa e se vi è un problema di stabilità finanziaria, bisognerebbe mettere in comune il debito pubblico. Si tratta, come si vede, di esigenze economiche e politiche profondamente diverse e largamente contrastanti. Fra di esse per molto tempo non si è cercato un punto di equilibrio, che peraltro è difficile da trovarsi, ma che forse qualche anno fa, prima che le posizioni delle opinioni pubbliche si radicalizzassero forse poteva essere individuato. 

Ci si è illusi che l’euro fosse un successo. E lo si è ripetuto anche contro l’evidenza. Un sondaggio presso un certo numero di finanzieri e di grandi imprenditori riuniti sul lago di Como dice che per l’81% di loro l’euro è stato un successo. Bisognerebbe sapere se essi hanno impianti in Italia o in Asia o se hanno solo fondi finanziari a Londra… e comunque bisognerebbe chiedere agli artigiani e ai piccoli imprenditori… che a Cernobbio non sono invitati. 


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