Regeni, nuovi atti dal Cairo alla procura di Roma: «Passo avanti nella collaborazione»

Regeni, nuovi atti dal Cairo alla procura di Roma: «Passo avanti nella collaborazione»
Lunedì 14 Agosto 2017, 18:34 - Ultimo agg. 16 Agosto, 20:30
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Gli inquirenti parlano apertamente di un «passo avanti» nella delicata vicenda della morte di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto nel 2016. Una svolta legata alla trasmissione da parte della Procura del Cairo agli omologhi capitolini di atti relativi ad un nuovo interrogatorio cui sono stati sottoposti i poliziotti che hanno avuto un ruolo negli accertamenti sulla morte del giovane. I documenti spediti dall'Egitto erano stati sollecitati da alcune settimane dai pm di piazzale Clodio che stanno cercando la verità sulla morte del ricercatore avvenuta in circostanze drammatiche e al termine di una violenta tortura. La notizia ha portato alla decisione del ministro degli Esteri, Angelino Alfano, di far tornare al Cairo l'ambasciatore Giampaolo Cantini. Il premier Paolo Gentiloni ha incaricato il diplomatico di «contribuire alla azione per la ricerca della verità sull'assassinio di Giulio Regeni». Una notizia, quella del ritorno in Egitto dell'ambasciatore italiano, che non ha però trovato d'accordo la famiglia Regeni che si è detta «indignata per le modalità, la tempistica ed il contenuto della decisione del Governo italiano. La decisione di rimandare ora, nell'obnubilamento di Ferragosto, l'ambasciatore in Egitto ha il sapore di una resa confezionata ad arte».

Ha espresso perplessità anche Amnesty International che ha parlato di rinuncia da parte del governo «all'unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni di cui l'Italia finora disponeva». Una svolta nelle nelle indagini viene comunque registrata in una nota congiunta firmata dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il procuratore generale della Repubblica Araba D'Egitto Nabil Ahmed Sadek. Quest'ultimo nel corso di un colloquio telefonico con il capo dei pm capitolini ha inoltre spiegato che, come già annunciato nel maggio scorso, è stata affidata ad una società esterna l'attività di recupero dei video della metropolitana. Una attività che prenderà il via a settembre con una riunione tra l'azienda e la procura egiziana, alla quale sono stati invitati anche gli inquirenti italiani. Nel corso della telefonata è stato anche concordato un nuovo incontro tra i due uffici, che sarà organizzato dopo la riunione di settembre. «Entrambe le parti - è detto in una nota congiunta - hanno assicurato che le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, alle torture e alla morte di Regeni». Gli sviluppi nella «cooperazione tra gli organi inquirenti», hanno portato il governo ad inviare, quindi, l'ambasciatore Cantini nella capitale egiziana, dopo che - l'8 aprile 2016 - l'allora Capo Missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni. «L'impegno del Governo italiano - afferma in una nota il ministro Alfano - rimane quello di fare chiarezza sulla tragica scomparsa di Giulio». «Solo quando avremo la verità sul perché e chi ha ucciso Giulio, quando ci verranno consegnati, vivi, i suoi torturatori e tutti i loro complici - la replica stizzita della famiglia Regeni -, solo allora l'ambasciatore potrà tornare al Cairo senza calpestare la nostra dignità».

Gli inquirenti parlano apertamente di un «passo avanti» nella delicata vicenda della morte di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto nel 2016. Una svolta legata alla trasmissione da parte della Procura del Cairo agli omologhi capitolini di atti relativi ad un nuovo interrogatorio cui sono stati sottoposti i poliziotti che hanno avuto un ruolo negli accertamenti sulla morte del giovane. I documenti spediti dall'Egitto erano stati sollecitati da alcune settimane dai pm di piazzale Clodio che stanno cercando la verità sulla morte del ricercatore avvenuta in circostanze drammatiche e al termine di una violenta tortura. La notizia ha portato alla decisione del ministro degli Esteri, Angelino Alfano, di far tornare al Cairo l'ambasciatore Giampaolo Cantini. Il premier Paolo Gentiloni ha incaricato il diplomatico di «contribuire alla azione per la ricerca della verità sull'assassinio di Giulio Regeni». Una notizia, quella del ritorno in Egitto dell'ambasciatore italiano, che non ha però trovato d'accordo la famiglia Regeni che si è detta «indignata per le modalità, la tempistica ed il contenuto della decisione del Governo italiano. La decisione di rimandare ora, nell'obnubilamento di Ferragosto, l'ambasciatore in Egitto ha il sapore di una resa confezionata ad arte». Ha espresso perplessità anche Amnesty International che ha parlato di rinuncia da parte del governo «all'unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni di cui l'Italia finora disponeva».

Una svolta nelle nelle indagini viene comunque registrata in una nota congiunta firmata dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il procuratore generale della Repubblica Araba D'Egitto Nabil Ahmed Sadek.

Quest'ultimo nel corso di un colloquio telefonico con il capo dei pm capitolini ha inoltre spiegato che, come già annunciato nel maggio scorso, è stata affidata ad una società esterna l'attività di recupero dei video della metropolitana. Una attività che prenderà il via a settembre con una riunione tra l'azienda e la procura egiziana, alla quale sono stati invitati anche gli inquirenti italiani. Nel corso della telefonata è stato anche concordato un nuovo incontro tra i due uffici, che sarà organizzato dopo la riunione di settembre. «Entrambe le parti - è detto in una nota congiunta - hanno assicurato che le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, alle torture e alla morte di Regeni». Gli sviluppi nella «cooperazione tra gli organi inquirenti», hanno portato il governo ad inviare, quindi, l'ambasciatore Cantini nella capitale egiziana, dopo che - l'8 aprile 2016 - l'allora Capo Missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni. «L'impegno del Governo italiano - afferma in una nota il ministro Alfano - rimane quello di fare chiarezza sulla tragica scomparsa di Giulio». «Solo quando avremo la verità sul perché e chi ha ucciso Giulio, quando ci verranno consegnati, vivi, i suoi torturatori e tutti i loro complici - la replica stizzita della famiglia Regeni -, solo allora l'ambasciatore potrà tornare al Cairo senza calpestare la nostra dignità».

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