Giulio Regeni, il mistero del computer e dell'iPad scomparsi da casa

Giulio Regeni
Giulio Regeni
di Cristiana Mangani
Martedì 9 Febbraio 2016, 08:59 - Ultimo agg. 16:32
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È una strana pista quella che stanno prendendo le indagini sulla morte di Giulio Regeni, qualcosa che ruota intorno al mondo del ricercatore friulano, alle sue conoscenze più strette, ai suoi collegamenti con i paesi dove ha vissuto, e che molto probabilmente porterà gli investigatori italiani a effettuare controlli anche fuori dall'Egitto. Al centro delle verifiche sono i racconti degli amici che, ieri, sono stati nuovamente interrogati alla presenza del nostro team.


Erano in quattro: Amr Assad, Noura Whaby e due italiani. Uno di loro, Gennaro, vive da molto tempo al Cairo, dove insegna Scienze politiche all'università britannica. È lui che doveva incontrare Regeni la sera del 25 gennaio, ed è lui che ha raccontato di averne perse le tracce 25 minuti dopo l'ultima telefonata e che, preoccupato per il ritardo, ha telefonato a Noura.

«Il telefonino di Giulio ha squillato a vuoto per un po', poi niente più, staccato», ha ripetuto per l'ennesima volta. Ma gli inquirenti insistono, perché cercano tracce per il delitto proprio tra quelle conoscenze, quei legami con gli ambienti sindacali egiziani ed esteri, che il giovane italiano aveva alimentato per la sua tesina universitaria e che potrebbero avergli fatto incontrare qualcuno che lo ha “venduto” agli apparati paramilitari o agli stessi servizi segreti. Qualche informatore infiltrato che potrebbe aver raccontato chissà quale storia di spie e tradimenti. O anche - è un sospetto che prende forma - potrebbe con i suoi articoli e con le interviste aver dato fastidio alla persona sbagliata.
 
I LEGAMI
Proprio per questo la ricostruzione della rete di rapporti e di amicizie è ritenuta fondamentale, ma si basa principalmente sul tabulato del cellulare di Giulio, che non è stato trovato, o che comunque non è stato consegnato ai nostri investigatori. Perché - altro mistero - nell'appartamento dove il giovane viveva nel quartiere residenziale di al Dokki non ci sono più tracce del suo computer e, probabilmente, anche di un Ipad. È nelle mani della polizia egiziana? Li aveva con sé la sera della scomparsa? Difficile immaginare che non ne possedesse almeno uno. Tanto che tra le richieste dei sette esperti italiani c'è anche quella di poterlo visionare ma, al momento, non hanno ottenuto riposta dalle autorità locali.

Nei giorni scorsi, poi, gli uomini del Ros, dello Sco e dello Scip, si sono recati sul luogo dove è stato ritrovato il cadavere, quel cavalcavia sulla strada per Alessandria dove, in realtà, di veri e propri fossi non ne esistono. E oggi manderanno una prima informativa al pm romano Sergio Colaiocco, con i risultati iniziali delle indagini. Sono tantissimi gli elementi da chiarire. A cominciare da chi sia stato a indicare il corpo. Il ministro della sicurezza egiziano Magdi Abdel Ghaffar ha spiegato che è stato trovato per caso da un tassista, la cui vettura era finita in panne. «Lui e i suoi passeggeri sono scesi dalla macchina per controllare il guasto, e lo hanno visto», ha dichiarato. Mentre nelle prime ore dopo il ritrovamento, membri degli apparati di sicurezza avevano parlato di alcuni operai che avevano telefonato per segnalarlo.

I FAMILIARI
Intanto i genitori di Giulio sono stati sentiti in procura a Roma e hanno detto al pm che il figlio sapeva di trovarsi in una situazione delicata ma non temeva per la propria vita. E la stessa cosa hanno dichiarato alcuni amici della vittima: «Il suo era solo il lavoro di un ricercatore, non c'era un forte impegno politico. Non aveva nulla da temere».

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