La foto choc diventa virale: «Ricordi il piccolo siriano Aylan? Dov’è l’indignazione per il Messico?

La foto choc diventa virale: «Ricordi il piccolo siriano Aylan? Dov’è l’indignazione per il Messico?
di Paola Del Vecchio
Giovedì 4 Febbraio 2016, 13:53 - Ultimo agg. 15:11
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Madrid. “Ti ricordi del bambino siriano? Questo accade invece in Messico, a Pinotepa Oaxaca, dove il narcotraffico ha ucciso questa famiglia, incluso questo piccolo angelo di sette mesi”. La cruda immagine di un bimbetto crivellato di proiettili, che evoca quella del piccolo Aylan Kurdi, il profugo siriano di 3 anni morto affogato sulle spiagge turche nel settembre scorso, ha suscitato nelle ultime ore un’ondata di indignazione, in un paese pur abituato al genocidio provocato dalla narcoguerra.

La foto del bimbo, in una pozza di sangue fra i suoi genitori, è stata ripresa pochi momenti dopo l’agguato in strada, davanti a un negozio a Pinotepa Nacional, al sudovest di Oaxaca. Secondo la Procura locale, si tratterebbe di un regolamento di conti collegato al narcotraffico. É avvenuto venerdì, intorno alle 20,40 di sera. L’obiettivo dei sicari - vari uomini armati - era Juan Alberto Pano Ramos, 24 anni, che al momento dell’agguato aveva in braccio il figlioletto Marcos Miguel, trucidato senza nessuna pietà assieme alla madre, Alba Isabel Colon, di 17 anni, in jeans e camicia rossa.

Lo stesso giorno, un presunto capo di un cartello locale del narcotraffico, Isidoro Gonzales Geronimo, detto ‘El Isis’, è stato assassinato a Oaxaca. Un omicidio eccellente, per il quale sabato sono state arrestate quattro persone. Gli inquirenti sono convinti che la coppia trucidata col figlioletto lavorasse per Gonzales, nel violento stato di Guerrero. Ma che colpe aveva il piccolo Marcos? Una vittima innocente, al pari del piccolo Aylan, in fuga dalla guerra in Siria e dalla fame, annegato nelle acque del Mediterraneo e restituito alle nostre coscienze con l’immagine del suo corpicino spiaggiato sulle coste della Turchia.

É stata la comparazione, in un twitt ‘postato’ da un utente a suscitare orrore e indignazione nei social network:
«Ricordi il piccolo Aylan? E dov’è l’indignazione per Pinotepa Nacional? Noi messicani sembriamo avere più compassione per altri che per noi stessi».
L’autore, Octavio Martinez Michel, ha pubblicato sulla web
«La Silla Rota» un commento corredato da una foto della bandiera messicana con sullo sfondo un’immagine del bambino ucciso, che da sabato ha provocato sulle due sponde dell’Atlantico una valanga di oltre 200mila messaggi solo su Facebook.

Sull’hashtag #PinotepaNacional, trendic topic, i messicani si interrogano sul livello di inaudita violenza che i cartelli del narcotraffico hanno imposto nel paese, nonostante la guerra intrapresa dal governo del presidente Peña Nieto, riuscito nelle scorse settimane a riportare dietro le sbarre il capo dell’Alianza de sangre, il potente cartello di Sinaloa, Joaquin Archivaldo Guzman Loera, alias ‘El Chapo’ Guzman.


«Possiamo immaginare qualcosa di più ingiusto di un assassinio a sangue freddo di una famiglia con un bimbo in braccio?» domanda Octavio Martinez ai suoi lettori. La violenza legata al narcotraffico sferza da anni lo stato di Guerrero e ha provocato 2.016 omicidi soltanto nel 2015, una cifra record rispetto a qualunque altra regione del paese, secondo le stime del governo messicano. E pare fosse stato proprio il timore di essere nel mirino dei narcoclan che aveva portato di recente i genitori del piccolo Marcos a trasferirsi da Guerrero al vicino stato di Oaxaca. Ma non è bastato a sfuggire alla vendetta, che in Messico assume sempre più i connotati di una guerra civile. Nella stessa notte di venerdì, tre membri di un’altra famiglia, fra i quali una ragazzina di 14 anni, sono stati trucidati nello stato di Miahuatlan.
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