È un po' come la storia della pallina sul piano inclinato. Tutto è iniziato lo scorso 2 novembre, quando Diego Armando Maradona è stato ricoverato presso la clinica Ipensa di La Plata a seguito di alcuni fastidi di natura fisica. Il suo medico di fiducia, il neurologo Leopoldo Luque, aveva spinto per il ricovero. Non sembrava nulla di grave, ma poi la situazione è rapidamente precipitata nella giornata del 3 novembre.
Maradona necessitava di un intervento d'urgenza al cervello per rimuovere un ematoma subdurale.
Ma che non stesse bene, anche una volta rientrato a casa, diventa subito notizia di dominio pubblico. Secondo quanto hanno ricostruito in Argentina, negli ultimi giorni Maradona aveva avuto diverse ricadute di salute e cali d'umore che avevano portato i medici a rimandare il suo rientro al lavoro, seppur graduale. Maradona ha trascorso questi giorni con un'infermiera che lo ha monitorato 24 ore su 24 ogni giorno, eseguendo esercizi col suo kinesiologo per migliorare le capacità motorie ed era circondato da un gruppo ristretto di amici, mentre i figli gli facevano visite regolari. «Non riesce a trovare motivazioni», avevano raccontato persone a lui vicine alla vigilia del suo 60esimo compleanno. Negli ultimi giorni era descritto come molto ansioso e stava prendendo quota l'idea di un nuovo viaggio a Cuba. Intanto droni e mass media negli ultimi giorni hanno circondato la casa di Diego, al punto da costringere l'avvocato e amico, Marias Morla a intervenire: «Ho appena contattato le autorità locali preoccupate per il numero di droni che sorvolano il paese in cui vive Maradona». Altri, invece, hanno parlato addirittura di un testamento firmato in favore delle sue due figli maggiori quando era in gravi condizioni di vita. Poi è arrivata la notizia della morte, ieri a Tigre, dove Diego si è spento per un arresto cardiaco. Solo a quel punto la pallina che oramai aveva iniziato a rotolare vorticosamente verso il basso, ha fermato la sua corsa.