L'appello della Marina libica: «Siamo disperati, le Ong aiutano gli sbarchi»

L'appello della Marina libica: «Siamo disperati, le Ong aiutano gli sbarchi»
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 30 Giugno 2017, 15:08
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«Non riusciamo a fermare tutti i barconi che salpano dalle nostre coste, in queste ore i migranti riescono a partire anche con mezzi di fortuna perché il mare è una tavola». L’appello quasi disperato giunge da una fonte interna alla marina libica contattata da Il Mattino. L’Italia ha messo a disposizione delle forze governative del premier Sarraj quattro motovedette, altre ne arriveranno ma sono mezzi che risultano insufficienti rispetto alla mole di partenze che ancor di più nelle ultime ore si sta scatenando a largo del Paese nordafricano. Secondo le informazioni dei guardiacoste libici in questo momento ci sono tra le trenta e le cinquanta piccole o medie imbarcazioni che sono riuscite a salpare già pronte per essere recuperate e quindi prossime a raggiungere l’Italia. Si tratta, secondo dati approssimativi, di altri 3mila migranti pronti a sbarcare. «Gli scafisti si sono fatti ancora più furbi – aggiunge l’ufficiale – e riescono a partire praticamente da quasi ogni punto della costa, proviamo a fermarli e anche di recente abbiamo avuto diversi scontri a fuoco con questi criminali, ma per una barca che riportiamo indietro tante altre riescono a partire e a farsi salvare per proseguire la traversata». Secondo i libici la presenza delle imbarcazioni delle associazioni umanitarie è un elemento scatenante della grande quantità di sbarchi dei disperati che salpano dalle coste tripoline. Lo scorso maggio una motovedetta della marina di Tripoli fu costretta ad incrociare la rotta con la Ong tedesca Sea Watch rischiando persino lo scontro in mare. Appena due settimane fa invece i guardiacoste libici hanno obbligato le imbarcazioni di Msf, Openarms, Jugend e Sea Watch ad allontanarsi dal limite delle acque territoriali, accusando le Ong di aver ricevuto la segnalazione della partenza dei barconi prima che questi lasciassero la costa della città di Zuara. Un episodio che portò l'ammiraglio Ayob Amr Ghasem a diramare un messaggio alla stampa sostenendo di essere a conoscenza di chiamate wireless tra le organizzazioni e i barconi. «Molte volte – spiega la fonte libica - abbiamo l’impressione che le navi delle associazioni aspettino i barconi per abbordarli, ma i nostri ufficiali hanno informato più volte di questo le autorità italiane, le Ong ostacolano il nostro lavoro invadendo le nostre acque territoriali».  

Mentre dalla Libia continuano le partenze, intanto il governo italiano prova a sbattere i pugni sul tavolo a Bruxelles arrivando a minacciare la chiusura dei porti per le Ong battenti bandiera straniera. La macchina dell’accoglienza è al collasso e l’estrema conseguenza potrebbe essere l’allestimento delle tendopoli per tamponare l’emergenza. Una crisi che anche secondo le autorità italiane ha tra le sue cause l’attività delle Ong che sbarcano i migranti soltanto nel nostro Paese nonostante solo due navi delle tredici presenti in mare battano bandiera italiana.

Sono nove le principali associazioni che operano nel Mediterraneo, la più importante è probabilmente Medici senza Frontiere impegnata attualmente con due unità, l’Aquarius con bandiera di Gibilterra e la Prudence, una nave da 75 metri sbarcata con i migranti più volte sia a Napoli che a Salerno sventolando il tricolore. Anche la nave Vos Hestia di Save the Children sventola bandiera italiana. Poi c’è la Ong spagnola Proactiva Open Arms con la nave Golfo Azzurro battente i colori di Panama più un’altra unità con bandiera maltese.

Una vera flotta è riferibile invece alle associazioni tedesche, si tratta di Sos Mediterranee, Sea Watch Foundation, Sea Eye, Lifeboat e Jugend Rettet con sette navi che battono bandiere di ogni parte del mondo: dalla Nuova Zelanda a Olanda e Germania. Attrezzatissima è la maltese Moas, l’associazione fondata nel 2013 dagli imprenditori italo-americani Christopher e Regina Catrambone. Ha due unità, Phoenix con bandiera del Belize e Topaz Responder con i colori delle Isole Marshall, più un drone per sorvegliare la presenza dei barconi in mare. E se scattasse il divieto ben undici navi su tredici non potrebbero più attraccare nei porti italiani. «Non sappiamo se questa decisione scoraggerà gli sbarchi – spiegano i libici – ma lo speriamo».

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