Melenchon, tra ologrammi e YouTube è lui la vera sorpresa della sinistra

Melenchon, tra ologrammi e YouTube è lui la vera sorpresa della sinistra
di Marco Gervasoni
Domenica 23 Aprile 2017, 14:49
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Nessuno, a parte Dio, ha il dono dell'ubiquità. Mélenchon però sembra aspirarvi, con i comizi in contemporanea e l'uso degli ologrammi, pellicole fotografiche riproducenti l'immagine tridimensionale dell'oratore. Poco utilizzata anche per via dell'alto costo, questa trovata regala al sessantaseienne Méle la palma del candidato più innovativo. E più tecnologicamente avanzato: il suo canale YouTube a pagamento, in cui i fan possono dilettarsi della retorica mélenchonista, crescono di giorno in giorno. Più vintage, anche se non proprio appartenenti alla tradizione della sinistra, altre genialate, come i giri in barca fluviali e i comizi sulle onde.
IL PARADOSSO
Tutta questa modernità è messa al servizio di un programma che più antimoderno non si potrebbe. Più che populista, è molto simile quello che propose nel 1981, un millennio fa, Mitterrand, e già allora pareva alla parte più avveduta dei socialisti europei (Craxi in testa) qualcosa di arcaico. Incremento delle imposte per i «ricchi» e per le aziende (nel paese già al top mondiale per prelievo fiscale), fino a una tassa del 100%, diminuzione dell'età pensionabile, riduzione dell'orario di lavoro (a parità di salario), ampliamento della spesa di assistenza sociale, nazionalizzazione di imprese.
Tutto molto vicino al programma della bionda candidata seduta al polo opposto, Marine Le Pen. Con la differenza non marginale sui migranti: Méle vorrebbe porte aperte e regolamentazione a go go dei sans-papier.
Persino in politica estera, con la proposta di un'alleanza bolivarista della Francia con il Venezuela chavista e Cuba, egli ritorna al Mitterrand dell'81, aspirante leader di un'intesa latina contro l'America.
IL PEDIGREE
Del resto, fu proprio l'allora presidente, al crepuscolo della vita desideroso di rifarsi un pedigree di vero uomo di sinistra, a far montare Mélenchon nella gerarchia del Partito socialista. Mai stato comunista (almeno nel senso di tesserato al Pcf) per molti anni Méle è stato uno dei leader della sinistra socialista, sempre in lotta contro il peraltro scarso riformismo di quel partito.
Fu persino Ministro con Jospin, fino a scontrarsi duramente con Hollande, uscire dal Ps nel 2008 e cominciare un'avventura personale con un unico obiettivo: distruggere il suo ex partito. Mai avrebbe pensato, come oggi, di poter arrivare al ballottaggio o addirittura di vincere (se contro di lui si ergesse Le Pen).
LA FILOSOFIA
Scenario difficile, tanto più dopo i fatti degli Champs Élysées, che sembrano richiedere un presidente protettore, e non certo la fine della monarchia repubblicana rivendicata da Méle. Difficile ma non impossibile. Perché questo successo? Posto che valgono i voti reali e non i sondaggi (nel 2012 gli istituti lo sovrastimarono assai) è indubbio che Méle sia dotato della dynamique. Perché dal punto di vista comunicativo, i suoi avversari non sono granché, e lui è il più inventivo - come dimostra l'adesione dei giovani tra i 18 e i 24 anni. Perché è in grado di parlare ai delusi dalla sinistra e della politica. Perché il candidato socialista Hamon è debole e grigio, inoltre una parte degli elettori socialisti non è mai stata riformista, e ancora crede al sol dell'avvenire.
Dovesse vincere Mélenchon, planerebbero però nubi nere su Parigi. Anche solo il tentativo di applicare il suo programma condurrebbe infatti a una massiccia fuga di capitali e a una necessaria e forzata uscita della Francia dall'euro e quindi dall'Ue. Mélenchon non irride, come i lepenisti, la bandiera europea definendola uno straccio: ma le conseguenze della sua ascesa sarebbero non diverse da quelle di una Marine all'Eliseo.
Marco Gervasoni
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