Salvador Dalí risvegliato dal sonno eterno, esumata la salma per il test di partenità

Salvador Dalí
Salvador Dalí
di Paola Del Vecchio
Giovedì 20 Luglio 2017, 13:51
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Madrid. Alle otto di questa sera, quando il teatro museo di Figueres, in Catalogna, sarà chiuso al pubblico, Salvador Dalí sarà risvegliato dal suo sonno eterno nel quale riposa dal 23 gennaio 1989. Per ordine di un magistrato di Madrid, il suo cadavere imbalsamato sarà esumato e un’equipe medico forense di Girona procederà al prelievo di un campione di Dna, per incrociarlo con quello di Maria Pilar Abel Martinez, una donna di 61 anni, di Girona, di professione veggente: è la presunta figlia naturale del genio del surrealismo, che reclama in Tribunale il riconoscimento della paternità.

Non sarà un’impresa facile, per le numerose incognite che accompagnano l’esumazione. Innanzitutto bisognerà alzare la pesante lapide di oltre una tonnellata che ricopre la sepoltura di Dalí.  L’altro problema rilevato dagli esperti riguarda la formalina utilizzata all’epoca per l’imbalsamazione della salma, che rischia di alterare i campioni di Dna. «Per superare questo scoglio, i medici forensi concordano sul fatto che sarà prelevato un pezzo della dentatura, a salvo dall’effetto della formalina», spiega l’avvocato Enrique Blanquez, che assiste la presunta figlia dell’artista catalano. «Occorreranno circa tre settimane per ottenere i risultati genetici delle analisi sui campioni, che saranno effettuate dall’Istituto Nazionale di Tossicologia e non lasceranno ombra di dubbi sull’effettiva paternità di Gaudí».

L’istanza per il riconoscimento presentata da Pilar Abel fu accolta nell’aprile del 2015 dalla sezione numero 11 del Tribunale di Madrid e citava il ministero delle Finanze e di Amministrazione pubblica e la Fondazione Gala Dalí, in quanto eredi legali del pittore. Nella denuncia, la presunta figlia ricordava di essersi sottoposta a due precedenti prove di paternità, ma di non aver mai potuto ottenere i risultati. La prima, nel luglio 2007, eseguita sui resti di pelle e capelli di Dalí prelevati da un calco di gesso che fu fatto al pittore subito dopo la morte. La secondo, nel dicembre dello stesso anno a Parigi, nello studio di Robert Descharnes, collaboratore e biografo di Dalí, per comparare il Dna della presunta figlia con il materiale genetico conservato dall’assistente. Tuttavia insufficiente, per il Tribunale madrileño, che ha disposto l’esumazione, dato che “non esistono resti biologici né oggetti personali sui quali praticare la prova».

Pilar è la figlia che Salvador Dalí avrebbe avuto da Antonia Martinez de Haro, collaboratrice domestica della famiglia del pittore di Cadaques. Antonia aveva 16 anni quando cominciò a lavorare dai Dalí, nella casa di cala Portilgat, dove l’artista si stabilì agli inizi degli anni Cinquanta con la moglie Gala, al rientro da New York. Antonia era già 25enne quando conobbe il pittore, che aveva già fama internazionale come genio del surrealismo. «Vissero un amore clandestino a ebbero vari rapporti sessuali – ha raccontato la figlia Pilar – E quando mia madre scoprì di essere incinta, cercò marito e sposò un ragazzo di 29 anni, Juan Martinez, che mi riconobbe e mi diede il suo cognome».

In gioco, ovviamente, non c'è solo una questione sentimentale.  La Fondazione Salvador Dalí si è opposta dal primo momento all’esumazione del cadavere perché, se dovesse essere riconosciuta la paternità, Pilar avrebbe diritto al 25% dell’eredità totale dell’artista. Un patrimonio difficile da valutare, in base alla stima del valore delle opere – secondo alcuni superiore ai 300 milioni di euro – che ha anche lo Stato spagnolo fra gli eredi universali. 
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