Profughi, la beffa dell'ospitalità Ue:
solo mille ricollocamenti su 24mila

Profughi, la beffa dell'ospitalità Ue: solo mille ricollocamenti su 24mila
di Francesco Pacifico
Lunedì 22 Agosto 2016, 09:15 - Ultimo agg. 17:13
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Dal carcere di Ventotene voluto da Ferdinando I di Borbone, oggi Angela Merkel lancerà l'ennesimo appello ai partner europei per una più equa ripartizione dei migranti. E al Viminale qualcuno se la ride pensando che neppure la Germania, il Paese più generoso nei confronti dell'immigrazione, non ha preso nessuno dei profughi sbarcati in Italia e che stando a un accordo europeo dovevano essere ridistribuiti tra i tutti i Paesi del Vecchio continente.
Quella dei ricollocamenti è una delle pagine più imbarazzanti delle politiche europee sull'immigrazione. Alla fine del terzo semestre del 2016 spiegano fonti del ministero degli Interni sono stati appena un migliaio i profughi trasferiti alle altre nazioni dei Ventotto. Alla fine del maggio scorso erano poco meno di seicento. Ma lo sprint degli ultimi mesi non basterà per raggiungere quell'obiettivo minimo, che il capo del Dipartimento immigrazione del dicastero guidato da Angelino Alfano, Mario Morcone, aveva annunciato: 1.600 entro ottobre. Un numero ancora più misero se si pensa che nei giorni dell'emergenza siriana, il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, aveva strappato a tutti i partner la promessa di ospitare 40mila disperati sbarcati in Italia (24mila) e in Grecia (16mila) fino all'anno prossimo. Un numero destinato di fatto a raddoppiare sia nel 2018 sia nel 2019.

Nel maggio di due anni fa al consiglio dei ministri dell'Interno si firmò un accordo per un'equa spartizione tra i migranti in fuga dalle grande guerre verso l'Europa, arrivati tra il 15 agosto 2015 ed il 16 settembre 2017. Il tutto mentre l'Italia e la Grecia si ritrovarono da sole, con le loro marine militari, a salvare in mare i profughi, l'Ungheria erigeva muri di filo spinato verso Serbia, Croazia e Slovenia e la Francia complice l'allarme terroristico riattivava i controlli alle frontiere.

Proprio per disinnescare questa bomba arrivò l'agenda Juncker, un compromesso nel quale l'Europa accettava di prendersi in carico i migranti che non potevano rientrare nei Paesi d'origine (eritrei, siriani iracheni), mentre Italia e Grecia invogliate con 2,5 miliardi e mezzo di stanziamenti straordinari e un po' di flessibilità in più per risarcire i loro sforzi dovevano mostrarsi più virtuose nell'identificare con gli hotspot gli stranieri alle loro frontiere.
Non proprio la revisione dell'accordo di Dublino chiesto da Matteo Renzi né una politica comune sui rimpatri voluta anche dalla Merkel. Ma un primo passo avanti che dava la possibilità alle burocrazie di gestire i flussi. Per partire, in teoria, bastava soltanto che i dipartimenti immigrazione di Roma e Atene inviassero alla cosiddetta rete di Dublino la lista degli avanti diritto. Invece non è successo nulla, anche perché a non rispettare gli impegni sono stati le prime due economie dell'area. La Francia ne dovrebbe accogliere entro il settembre del 2017 7.115 dall'Italia e 12.599 dalla Grecia. Risultato? Non ne ha presi più di 300. La Germania, dopo aver annunciato che avrebbe dato un tetto a 27mila rifugiati, ne ha voluti soltanto 57.

Per la cronaca, gli europartner non si sono mostrati più generosi verso la Grecia, rea di non aver investito sugli Hotspot e, de facto, alleggerita dall'accordo tra Turchia e Ue sul controllo dei confini. Circostanze delle quali non ha beneficiato l'Italia. Racconta un alto funzionario del ministero degli Interni, che chiede l'anonimato: «Una volta che noi segnaliamo le persone che hanno diritto a ottenere ospitalità, dovremmo avere la disponibilità dai nostri partner a riceverli. Peccato che non ci risponda quasi nessuno. Del migliaio di profughi ricollocati, la maggior parte se li sono accollati Francia, Finlandia e Portogallo. La Germania, visto il forte impegno sul versante siriano, ha una scusante per derogare ai suoi impegni. E ancora più sordi ai nostri appelli si mostrano la Spagna, Paese che negli anni precedenti alla crisi ha costruito migliaia di case per gli immigrati che adesso sono vuote, o il blocco delle nazioni ex comuniste dell'Est Europa, con l'Ungheria in testa».
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