Cento anni fa la Rivoluzione d'Ottobre: ma a Mosca festeggiano soprattutto le delegazioni straniere

Cento anni fa la Rivoluzione d'Ottobre: ma a Mosca festeggiano soprattutto le delegazioni straniere
Lunedì 6 Novembre 2017, 18:44 - Ultimo agg. 8 Novembre, 11:42
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Le bandiere rosse sventolano sulla Piazza Rossa tra oltre cento delegazioni straniere di partiti comunisti. La salma di Lenin continua a riposare nel Mausoleo (anche se in Russia c’è chi vorrebbe trasferirla e inumarla in un normale cimitero, liquidando il suo peso simbolico). Il presidente Vladimir Putin è ormai sicuro che non parteciperà alle celebrazioni per il centenario della Rivoluzione d’ottobre. Eppure la rivoluzione compie cent’anni, ricondotta a ciò che accadde nella notte tra il 6 e il 7 novembre 1917 (24 e 25 ottobre secondo il calendario russo), quando le formazioni armate dei bolscevichi guidate da Lenin occuparono i centri nevralgici di Pietrogrado. Il giorno seguente, cadde anche il Palazzo d'Inverno, una specie di «Bastiglia russa», simbolo stesso della rivoluzione. «Tutto il potere ai soviet»: urlavano per le strade di Pietrogrado e di Mosca e nei corridoi del Palazzo d'Inverno.

Si era realizzato quel «passaggio», teorizzato da Lenin nelle sue Tesi di aprile, dalla «prima tappa» della rivoluzione («che aveva dato il potere alla borghesia», cioè al governo provvisorio) alla «seconda tappa», che «deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini». Una ricorrenza che cambiò la vita a milioni di persone. Eppure in Russia i cento anni della Rivoluzione sembra che interessino più  gli stranieri che non i russi stessi. Sotto lo zar Putin la ricorrenza non brilla per enfasi. Tranne alcuni eventi pubblici, organizzati dal partito comunista russo (Kpfr), seconda forza politica del Paese, la scadenza ha finito per attirare soprattutto l’attenzione di studiosi, ricercatori e nostalgici che hanno organizzato mostre, spettacoli teatrali pellegrinaggi e convegni accademici.

Martedì 7 ottobre data esatta dell’anniversario - il 25 ottobre secondo il calendario giuliano allora  in uso nella Russia zarista - a Mosca sono attese delegazioni di partiti e movimenti politici da diversi paesi che hanno abbracciato il socialismo tra cui Cina, Corea del Nord, Cuba e Vietnam. Si uniranno alle forze di  sinistra, capeggiate dal Kprf, che guiderà una marcia nel centro della capitale. «Si tratta di oscillazioni storiche -  ha dichiarato il primo vice presidente del Comitato centrale del Kpfr, Ivan Melnikov - più ci allontaniamo dal 1991 (l’anno del crollo dell’Urss), più si avvicina l’interesse alle posizioni marxiste-leniniste, a nuove possibilità di costruire una forte alternativa al capitalismo, che secondo tutti gli indicatori si sta muovendo verso la prossima grande crisi». Il fatto è che in Russia i giudizi della rivoluzione riescono ancora a dividere la soceità. Questo è il motivo per il quale il Cremlino ha scelto il basso profilo. La nuova ideologia di Stato lega, attraverso il recupero dei valori cristiani, la Russia contemporanea a quella  zarista, facendo propria anche l’idea di potenza e faro di civiltà dell’Unione sovietica, depurata pero’ dall’orrore dell’enorme sacrificio umano di guerre e repressioni e dalla rivoluzione che ne fu alla base. 

 

 


Già subito dopo la fine dell’Urss, si è assistito al tentativo di cancellare il passato comunista: Leningrado è tornata San Pietroburgo; a Mosca, la statua di Feliks Dzerzhinsky, fondatore della polizia segreta Cheka - poi diventato il famigerato Kgb - è stata scardinata dal suo piedistallo davanti alla sede dei servizi segreti in piazza Lubyanka. Col tempo, però, i russi hanno perso il desiderio di cancellare i simboli del passato. Anzi, sotto Putin il Paese si è rilanciato alla conquista della grandezza perduta con l’implosione dell’Urss e Stalin è ora oggetto di un diffuso processo di riabilitazione, che va dai manuali scolastici alle festività ufficiali, diventate quasi religiose, come la  vittoria dell’Armata rossa sui nazisti durante la Grande Guerra Patriottica.

Parallelamente, la Santa Russia imperiale è tornata un modello di riferimento e si assiste a una rinnovata venerazione per  lo zar, appoggiata anche dalla Chiesa ortodossa. Secondo Lev Gudkov, direttore del centro demoscopico indipendente Levada, si è verificata una «graduale perdita di significato» della ricorrenza del 7 novembre, in parte come conseguenza della politica di Putin, sotto la cui presidenza si è verificato un «cambio di legittimazione del potere: non più rivoluzionario e comunista, ma nazionalista e imperialista».
 
 

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