La zona di Aleppo è controllata da diverse milizie jihadiste, molte delle quali hanno fatto del sequestro di occidentali e del pagamento dei riscatti una delle principali fonti di redditi. Non è chiaro per ora quando siano stati rapiti e da chi. I tre non sono principianti. Hanno già lavorato in zone di conflitto. Pampliega ha collaborato con diverse grandi testate spagnole, E Mundo, El Pais, Efe e con tv private. Di recente ha lavorato al programma 'Infiltrados' della tv Cuatro sugli spagnoli arruolati nelle milizie jihadiste in Siria. Di lui El Mundo dice che è «uno dei giovani reporter più promettenti del panorama giornalistico spagnolo». Sastre scrive per diversi quotidiani spagnoli, e Lopez è un fotoreporter che ha già lavorato in Siria in coppia con Pampliega. Ha vinto diversi premi, l'International Photography Award e l'Unicef Photo of the Year. A inizio luglio è stato premiato a Trieste nell'ambito della 12/a edizione del Premio Luchetta.
Lopez era stato scelto nella rosa dei vincitori per aver documentato, con un scatto pubblicato da El Pais, la situazione dell'infanzia a Mogadiscio negli anni di Shabaab. L'immagine di Lopez ritrae un bambino che gioca nella capitale somala, devastata da decenni di guerra e violenza, ed è significativamente intitolata 'Vita sopra le ceneri di Mogadisciò. Lopez, ricorda un articolo postato sul sito di El Pais, ha lavorato da freelance anche in Afghanistan, Iraq, Palestina, in Kosovo, Iran, Haiti, Guatemala, Venezuela, Congo, Siria e Sudan.
Due anni fa, altri quattro giornalisti spagnoli erano stati rapiti in Siria: Andoni Lubaki, ad Aleppo, Marc Marginedas, a Hama, Javier Espinosa e Ricardo Garcia Vilanova a Tel Habyad, al confine turco. Lubaki è stato liberato dopo un giorno, gli altri tre dopo sei mesi nelle mani dell'Isis. Nel suo ultimo rapporto 'Reporter Senza Frontiere' definisce la Siria il Paese più pericoloso in assoluto per i giornalisti, rilevando che su 119 cronisti sequestrati nel mondo, 27 sono stati rapiti in Siria, come pure 15 dei 66 assassinati.