Usa, Trump sbaraglia i rivali: sarà lui il candidato che sfiderà la Clinton

Usa, Trump sbaraglia i rivali: sarà lui il candidato che sfiderà la Clinton
di Anna Guaita
Giovedì 5 Maggio 2016, 09:59 - Ultimo agg. 15:37
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NEW YORK In quelle che promettono di passare alla storia come le primarie più imprevedibili della storia, il voto dell'Indiana ha sigillato martedì la scelta in casa repubblicana, mentre l'ha ritardata in casa democratica. Dopo la vittoria netta nello Stato del midwest, Donald Trump diventa il presunto prescelto per le presidenziali dell'8 novembre, e i suoi due diretti rivali gettano la spugna. Sia il senatore texano Ted Cruz che il governatore dell'Ohio John Kasich hanno riconosciuto l'impossibilità di privare Trump del numero magico per ottenere la nomination alla Convention di luglio e hanno annunciato il loro ritiro. Trump infatti ha oramai 1053 delegati e gliene mancano 184 per chiudere la partita. In casa democratica è successo invece il contrario: nonostante la matematica provi che il senatore del Vermont Bernie Sanders non può raggiungere il numero magico di 2383 delegati, il fatto di aver vinto in Indiana lo ha convinto della decisione di restare in gara. Per chi ricordasse la campagna del 2008, si potrebbe dire a Hillary "chi la fa, l'aspetti". Allora fu lei che - pur con la matematica altrettanto chiara - rimase in gara fino all'ultimo, raccogliendo anche varie vittorie, ma mai riuscendo a chiudere la forbice con il suo rivale, Barack Obama.

PORTABANDIERA INDESIDERATO

Dunque succede quel che nessuno si aspettava. Il partito repubblicano si trova come portabandiera un uomo per il quale prova profonda diffidenza, quando all'inizio delle primarie aveva messo in campo alcuni candidati con eccellenti curriculum e conoscenza della macchina politica.

INCORONAZIONE RINVIATA

Il partito democratico, che si aspettava l'incoronazione di "Queen Hillary" , la vede avviarsi alla vittoria faticosamente, anche se nessuno dubita che otterrà la nomination. Lei tuttavia tenta di concentrarsi sul compito di riunificare il partito e puntare a sconfiggere Donald Trump. I sondaggi sono con lei, e provano che - allo stato attuale delle cose - sarebbe nettamente favorita. Se è infatti vero che questa è la stagione degli outsider e degli "scontenti", è anche vero che il messaggio negativo e disfattista di Trump non corrisponde a una realtà a 360 gradi. Il Paese non sta tanto male, l'economia cresce, la politica estera non causa eccessive preoccupazioni, e il presidente Barack Obama è tornato a un tasso di approvazione sopra il 50 per cento: Hillary è legata a tutto ciò e se non succederanno catastrofi dell'ultimo minuto, se ne potrà avvantaggiare.

LA STRATEGIA DI BERNIE

Bernie Sanders tuttavia sostiene che Hillary è anche troppo legata all'establishment e a Wall Street. Tuttavia il senatore ha smesso gli attacchi più personali, in un segnale indiretto di solidarietà di partito. Ma è ovvio anche che vuole arrivare alla convention di Filadelfia e ottenere che il suo movimento venga ascoltato, e che alcune delle sue proposte vengano accettate nella piattaforma elettorale. Il senatore prevede di portarsi a casa altre vittorie nel mese di maggio, nella Virginia dell'ovest, che vota martedì, e poi in Nebraska, Oregon e Kentucky. Ma sono sempre Stati in cui i delegati vengono assegnati su base proporzionale, e anche se Hillary verrà sconfitta il suo vantaggio resterà insormontabile. Poi in giugno, ci saranno i due giganti, California e New Jersey, due Stati in cui Sanders spera di piazzarsi bene, ma dove la macchina del partito è fortissima e Hillary è favorita.