Volo MS804 Egyptair, l'ipotesi bomba e quei tre scali in Africa prima dell'esplosione

Volo MS804 Egyptair, l'ipotesi bomba e quei tre scali in Africa prima dell'esplosione
di Paolo Ricci Bitti
Giovedì 19 Maggio 2016, 19:22 - Ultimo agg. 20 Maggio, 16:33
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Non è passata dal sonno alla morte la maggior parte dei passeggeri del volo MS804 dell’Egyptair esploso a 12mila d’altezza sulla verticale dei confini delle acque egiziane del Mediterraneo a sud di Creta. Ma gli effetti devastanti della depressurizzazione istantanea causata dall’esplosione hanno comunque lasciato solo pochi istanti di cosciente terrore anche a chi non aveva ceduto alla stanchezza nel cuore della notte sull’Airbus 320 decollato da Parigi per Il Cairo. Esposti al limite della Troposfera, senza ossigeno, e alla velocità di 850 kmh, con una temperatura di almeno 50 gradi sottozero, non ci poteva essere scampo anche per quei passeggeri che non fossero stati investiti direttamente dai frammenti di metallo causati dalla deflagrazione.

E’ la circostanza che appare più pietosa per quelle 66 anime, compresi due neonati, prigioniere del resti in fiamme dell’aereo che pure ha impiegato – almeno la parte principale della fusoliera - almeno tre minuti per precipitare dalla quota di crociera fino a polverizzarsi nell'impatto con le onde. 

Già mezza giornata dopo la scomparsa del velivolo si sono ritrovate concordi – e non è per nulla abituale - le intelligence americane, russe e francesi nel sostenere l’ipotesi dettata soprattutto dal buon senso. Servirà tempo per comporre il puzzle delle indagini, ma per adesso, scartata una dopo l’altra le piste meno probabili se non del tutto impossibili (vedi il cedimento strutturale assurdamente evocato in altre tragedie sul Mediterraneo), resta in evidenza solo la possibilità che sia stata una bomba a uccidere le 66 persone in viaggio verso l’Egitto. La matrice terroristica, insomma, alla fine citata dalle stesse autorità egiziane. Il recente precedente dell’Airbus 321 della Kogalymavia decollato da Sharm el Sheikh e diretto a San Pietroburgo il 15 ottobre scorso è sinistramente presente fra chi adesso si occupa del caso dell’Egyptair. All’Isis è bastata una minima quantità di esplosivo nascosta in una lattina di aranciata e la complicità di un addetto all'handling o alla manutenzione dello scalo egiziano per mandare al creatore 224 persone. Così, in attesa di conferme tecniche che richiederanno tuttavia non pochi giorni, diventa un altro l’interrogativo principale con cui piangere le vittime di questo ennesimo attentato.

Quando è stata piazzata la bomba che ha tirato giù l’Airbus 320? A Parigi? E’ la domanda più inquietante perché il livello di sicurezza degli scali europei viene ritenuto estremamente più alto degli aeroporti africani quali quelli del Cairo, di Tunisi e di Asmara. Perché tirare in ballo anche queste tre strutture se l’aereo è decollato l’ultima volta da Parigi? Perché il velivolo ora in pezzi in fondo al Mediterraneo il 18 maggio ha toccato terra all’Asmara (Eritrea) per poi ripartire per il Cairo e quindi per Tunisi. Poi di nuovo Il Cairo e infine Parigi, ultimo tragitto completato. Tutto in poco più di 36 ore. Jihadisti di varie confessioni islamiche non mancano in queste tre città. E non è fantascientifico dotare l’ordigno di un timer e di un detonatore barometrico (l’innesco scatta a una determinata quota), se si vuole pensare che la bomba sia stata nascosta in una parte non pressurizzata dell’Airbus, ad esempio il vano carrelli. Avrebbe potuto una carica esplosiva così congegnata sfuggire ai controlli effettuati a Parigi, si presume con il massimo rigore?

Oppure gli stessi controlli sono stati ingannati da qualcuno che ha agito solo nello scalo francese dal quale in poche settimane sono stati allontanati olttre 70 lavoratori considerati a rischio radicalizzazione islamica? Ogni possibile risposta, si vede, non fa che alimentare preoccupazioni sempre più cupe, costringendo a ripensare una pur tuttavia sempre molto presunta graduatoria della sicurezza degli aeroporti. 

Mentre inizia il recupero dei primi rottami dell’Airbus, anche in mancanza di una rivendicazione, sono sempre più allineate le variabili che portano a una bomba: all’avaria non sembra credere neppure l’Egitto e del resto quell’Airbus del 2003 e con 48mila ore di attività andava considerato egregiamente efficiente. Un’avaria, poi, per quanto importante, avrebbe lasciato il tempo ai piloti di lanciare il mayday che invece è giunto, in maniera automatica e a oltre un’ora dall’ultimo contatto con i piloti, solo dal congegno di sicurezza localizzatore Elt che si attiva per 48 ore nell’impatto con l’acqua o con il suolo.

Colpi di testa di un pilota? Lite fra comandante e vice? Una delle tre guardie addette alla sicurezza ugualmente fuori di testa? Tutto possibile ma poco o punto plausibile. Il comandante era il veterano Mohammed Said Ali Shakir, 6.275 ore di volo di cui 2.101 con l’Airbus 320. Ricco anche il libretto di volo del giovane vice, Mohammad Ahmed Mamdouh Ahmed Assem, 2.766 ore. Non risultano macchie nello stato di servizio dei sette membri dell’equipaggio. E poi, poco dopo le 2, il comandante ha salutato le autorità di controllo aereo greche parlando con tono affabile e usando la loro stessa lingua. Tutto tranquillo, insomma, in cabina nella notte serena a 12mila metri di altezza mentre le isole del Mar Egeo sfilavano via sotto il velivolo che presumibilmente era stato affidato al pilota automatico. E’ la fase di crociera del tragitto, la più agevole se non vi sono problemi meteo. Che la notte scorsa non c’erano.

Anche il tracciato dei radar greci, avvalorato da altri rilevamenti dei satelliti, fa pensare a una circostanza del tutto improvvisa e pesantissima, non affrontabile: una virata di 90 gradi a sinistra, poi un giro completo di 360 gradi e una picchiata da 12mila a 5mila metri. E infine la scomparsa della traccia. Manovre assurde per un aereo di linea, a meno che non sia diventato incontrollabile. Allora un dirottamento finito male, magari dopo una battaglia fra le tre guardie della sicurezza e uno o più terroristi votati al martirio? Per ora molto irreale e servirà tempo per delineare i profili dei passeggeri.

Infine un missile, come nel caso del jet della Malaysia airlines MA17 sull’Ucraina il 14 luglio 2014? Appunto, lì si fronteggiavano eserciti e guerriglieri dotati di armi balistiche pesanti come deve essere un missile terra-aria capace di abbattere un aereo a 12mila metri di quota, per non ricordare che l’Airbus 320 era sul mare.
Un missile aria-aria lanciato da un altro velivolo, un caccia, forse per errore? Tutto possibile, ma sempre poco o punto plausibile.




 
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