Alluvione a Genova, l'ex sindaco Vincenzi
condannata a cinque anni

Alluvione a Genova, l'ex sindaco Vincenzi condannata a cinque anni
Lunedì 28 Novembre 2016, 16:38 - Ultimo agg. 29 Novembre, 15:00
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Hanno scelto di non chiudere le scuole nonostante l'allerta 2, la più grave, e gli scenari meteo che conoscevano già dai giorni precedenti. E hanno scelto di raccontare una bugia agli investigatori e ai cittadini, i giorni successivi. Era questa la tesi della procura di Genova, sostenuta dal pm Luca Scorza Azzarà, ed è stata accolta dal giudice Adriana Petri che ha condannato l'ex sindaco Marta Vincenzi a cinque anni di carcere per la morte di quattro donne e due bambine travolte dalla piena del rio Fereggiano esondato il quattro novembre 2011. E per essere stata consapevole che la tesi della bomba d'acqua abbattutasi in città era una menzogna.

Le accuse erano di omicidio colposo plurimo, disastro colposo plurimo, falso e calunnia. Per quest'ultima accusa è stata assolta. «Io mi sento innocente», ha commentato l'ex sindaco subito dopo la lettura della sentenza. Per gli stessi reati sono stati condannati l'ex assessore comunale alla protezione civile Francesco Scidone (quattro anni e nove mesi), il dirigente comunale Gianfranco Delponte (quattro anni e cinque mesi), Pierpaolo Cha (un anno e quattro mesi) e Sandro Gambelli (un anno). Sono stati assolti per il reato di calunnia. Assolto l'ex coordinatore dei volontari di protezione civile Roberto Gabutti che era accusato solo di falso e calunnia. Il giudice ha anche condannato il Comune al pagamento di provvisionali milionarie per i familiari delle vittime per una cifra che supera i quattro milioni di euro totali. Inoltre, è stata disposta la trasmissione degli atti per l'ex capo della polizia municipale Roberto Mangiardi per farlo indagare per cooperazione colposa nell'omicidio e disastro, oltre a sei persone (tra i quali l'allora assessore Pasquale Ottonello e il vice sindaco Paolo Pissarello) per falsa testimonianza.

Dalle indagini era emerso che la macchina della protezione civile non assunse le decisioni opportune il tre novembre, nonostante le previsioni meteo e l'allerta.
Si decise di tenere aperte le scuole e non vennero chiuse le strade nella zona rossa e fatte sgombrare dalle automobili. La mattina del disastro «gli uffici comunali di protezione civile avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11 mentre il rio Fereggiano esondò intorno all'una. In quelle due ore c'era la possibilità di evitare la tragedia con alcuni accorgimenti che non vennero messi in atto» aveva scritto il pm. I vertici della macchina comunale «non solo non fecero quello che andava fatto», ma, secondo l'accusa, «falsificarono il verbale alterando l'orario dell' esondazione». L'onda di piena travolse e uccise Shpresa Djala, 23 anni, le sue figlie Gioia e Janissa 8 e un anno, albanesi, Angela Chiaramonte, 40 anni, Evelina Pietranera, 50, Serena Costa, 19. I familiari delle vittime fuori dall'aula hanno abbracciato uno degli investigatori che ha seguito le indagini per ringraziarlo per il suo lavoro. «Nessuno mi ridarà la mia famiglia - ha detto Flamur Djala, papà delle due bimbe morte - ma sono felice. È stato un giudice giusto».
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