Autonomia differenziata, si riparte e spunta il bonus Sud

Autonomia differenziata, si riparte e spunta il bonus Sud
di Marco Esposito
Lunedì 14 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 08:15
5 Minuti di Lettura

Dopo cinque anni di brusche accelerate e repentini colpi di freno torna sul tavolo del governo l'autonomia differenziata, chiesta a gran voce da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. La ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha concluso il lavoro di preparazione del disegno di legge quadro ed è pronta a portarlo sul tavolo del Consiglio dei ministri. Rispetto alle versioni della riforma dei suoi predecessori Erika Stefani e Francesco Boccia, c'è la previsione di un bonus Sud, ovvero il riconoscimento per il Mezzogiorno di una quota - ancora da definire - dell'eventuale arricchimento delle Regioni che dovessero ottenere maggiore autonomia.

Una proposta arrivata dal presidente del Veneto Luca Zaia, il quale nel tempo si è convinto che non può raggiungere l'autonomia a danno di altri territori. La proposta del bonus Zaia, come si vedrà, contiene una serie di problemi non risolti. Inoltre l'aggressione in corso (quel «Sud Sud Sud» del sindaco di Milano Beppe Sala) al 40% del Pnrr riservato al Mezzogiorno alimenta lo scetticismo rispetto a formule solo all'apparenza di garanzia. Tuttavia il fatto che un'ipotesi di attenzione all'equità sia in campo conferma che chi nel 2018 lanciò l'allarme secessione dei ricchi aveva visto lontano. Non era un'esagerazione, ma un avvertimento persino pacato rispetto alla legge Regione Veneto numero 16 del 19 giugno 2014, con la quale Zaia promosse un referendum incostituzionale: «Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Sì o No?». 

Ma torniamo all'oggi. Gelmini si è convinta che dopo l'elezione bis di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica ci siano le condizioni per varare l'autonomia differenziata. E questo sia perché il governo ha davanti tredici mesi di lavoro, sia perché in un passaggio del discorso Mattarella ha detto che «è decisivo il ruolo e lo spazio delle autonomie», frase letta da Zaia come «un bel segnale», mentre il leader della Lega Matteo Salvini parlando a Radio Libertà (ex Radio Padania) sottolinea: «Non dispero e non escludo di riuscire a chiudere il percorso dell'autonomia prima della fine della legislatura».

In un colloquio con il Corriere del Veneto Gelmini dice: «In quello spirito di collaborazione e nel segno del pluralismo delle istituzioni, indicati anche dal presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento, stiamo proseguendo il confronto con le Regioni interessate».

Le «Regioni interessate», in realtà, dovrebbero essere tutte e non soltanto le tre promotrici dell'autonomia; infatti Boccia aveva chiesto e ottenuto sulla sua legge quadro il semaforo verde di tutto il sistema delle autonomie. Quel testo non è finito nel cestino: è ora una proposta di legge a firma Boccia-Serracchiani, con sigla Atto Camera 3155. Il vicepresidente della Conferenza delle Regioni e governatore della Puglia Michele Emiliano propone di ripartire da lì e avverte: «Il movimento contro l'autonomia rafforzata è fortissimo. Avevo apprezzato il lavoro di Boccia. Se si riparte da lì bene, altrimenti la vedo dura». Nella bozza Gelmini - mai diffusa - è entrata però la proposta di Zaia del bonus Sud, sulla quale avrebbe espresso un parere favorevole il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, d'intesa con il ministero dell'Economia. 

Video

In cosa consiste il bonus? Si immagini, per semplicità, che un'attività che oggi lo Stato svolge in Veneto abbia un costo di 1 miliardo. Se quelle funzioni diventano di diretta competenza regionale, al Veneto tocca un miliardo non di trasferimenti ma di quota di aliquota, pari per esempio a 7 punti di Iva su 22. Cosa accade se il gettito Iva in Veneto migliora? Se aumenta il giro d'affari quei 7 punti negli anni porteranno nelle casse regionali più del miliardo iniziale. La proposta di Zaia (messa a punto dagli economisti Andrea Giovanardi e Dario Stevanato) prevede che una quota dell'extra-gettito (la metà? non è definito) vada alle Regioni del Sud per finanziare progetti per il lavoro, i giovani, la sanità. E se, per una crisi, accade il contrario e il Veneto si ritrova con meno del miliardo iniziale? L'ipotesi non è contemplata dall'ottimista presidente del Veneto, secondo il quale la sua Regione è destinata a illimitato progresso.

Il tema è rilevante e non è il solo da chiarire, perché lo spezzatino delle competenze non interesserebbe una sola Regione ma tutte le quindici a statuto ordinario. Va chiarito, in primo luogo, chi si carica degli extra costi delle diseconomie di scala, cioè del frazionamento. Per restare all'esempio del Veneto, se lo Stato spendeva in quella Regione un miliardo per un determinato servizio non è detto che risparmi un miliardo se lo lascia fare alla singola Regione perché alcune attività, per esempio di controllo, potrebbero restare in piedi o duplicarsi.

Inoltre va definito lo standard di servizi, cioè il livello essenziale delle prestazioni (Lep) da garantire in ciascuna regione, Veneto compreso. Se un servizio regionalizzato diventa meno efficiente, al punto da non assicurare più il Lep, non possono essere danneggiati i cittadini residenti in quel territorio e quindi quel servizio va offerto in ogni caso, a carico della collettività. Ma così si mette in piedi un sistema potenzialmente inefficiente in stile privatizzi i guadagni e socializzi le perdite.

Ultimo tema è il perimetro delle materie da trasferire. Il Veneto punta a tutte le 23 possibili. Ma per alcune, come l'Istruzione e l'Ambiente, regionalizzare equivarrebbe a dire addio al modello universale di scuola o di tutela dell'ecosistema, principio appena rafforzato in Costituzione. Un salto nel buio, per un Paese già straziato dai divari. Per dirla con Mattarella, serve «un Paese che cresca in unità. In cui le disuguaglianze territoriali e sociali che attraversano le nostre comunità vengano meno». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA