Berlusconi, lealisti Pdl all'attacco: con decadenza governo finito

Daniela Santanchè
Daniela Santanchè
Domenica 27 Ottobre 2013, 21:31 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 08:53
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Un soccorso indiretto alle colombe Pdl, impigliate nella rete berlusconiana, giunto dalla Leopolda. L'appuntamento dato da Renzi ai suoi di rivedersi tra un anno per fare il punto sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, ha iniettato linfa vitale al governo Letta, per almeno 12 mesi ancora.



Una mossa che sicuramente ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai governativi del Pdl, a cominciare da Angelino Alfano che può così contare su «tempi supplementari» per mettere a punto la sua strategia dopo lo strappo del Cavaliere. E eventualmente lavorare (in caso di divorzio da Berlusconi), alla formazione di nuovi gruppi parlamentari, e valutare i passi da fare e con quali compagni di viaggio. Ma per l'immediato la situazione nel Pdl-Fi resta ingarbugliata e il clima avvelenato da una lite perenne tra le varie fazioni che si scontrano quotidianamente e ormai alla luce del sole. Ieri hanno picchiato duro le colombe ministeriali, oggi il contrattacco dei falchi berlusconiani: un duello che il Cavaliere mal sopporta ma avrà probabilmente termine solo con una separazione (consensuale o meno).



Non appare realistica infatti l'idea che gli alfaniani si allineino al diktat del Cav su governo e decadenza, come peraltro dimostra il pressing dei lealisti che vogliono inchiodarli alle loro responsabilità. Dirimente è il sostegno a Letta dopo il passaggio del voto sulla decadenza del Cav dal Senato. E su questo ha martellato anche oggi Sandro Bondi: i ministri Pdl - ha attaccato - prendano finalmente atto che dopo il no del Pd alla pacificazione (leggi: soccorso giudiziario al Cav) il governo non ha più chance. Altrettanto intransigente Renato Brunetta: sia chiaro che un attimo dopo la decadenza del Cav il governo chiude. La cacciata di Berlusconi dal Parlamento sarebbe «inaccettabile» ha detto anche Raffaele Fitto che ha chiesto al Pd di avere maggiore «buon senso» evitando «accelerazioni» in direzioni sbagliate.



Non sono state meno aggressive le «pasionarie» azzurre: Mara Carfagna ha chiesto ad Alfano di non ascoltare le sirene di chi punta al «superamento» di Berlusconi, e ha sferzato i ministri pidiellini: 'non siate subalternì sulla legge di stabilità; Anna Maria Bernini li ha accusati di essere taciturni sul nodo decadenza; mentre Renata Polverini li ha voluti stanare: 'dicano in che modo difendono Berlusconì. Anche il falco Daniele Capezzone è sceso in picchiata: «la nostra lealtà - ha scandito - si misura sulla decadenza». Il 'ricucitorè Maurizio Gasparri anche oggi ha bocciato tutte le mosse divisive: «è demenziale la corsa alle firme», ha detto con riferimento alla guerra dei numeri ingaggiata in vista del consiglio nazionale di dicembre (i due fronti stanno mettendo a punto dei documenti su cui raccogliere le firme per la conta finale).



Non aiuta, poi la candidatura di Marina Berlusconi, rispuntata in queste ore. Renato Brunetta si è ribellato apertamente, e qualcuno, come Nunzia De Girolamo, ha ricordato che la figlia del capo è sì in gamba e capace ma «non interessata» alla successione. Figure 'marzianè cooptate o calate dall'alto non sono dunque gradite neanche nel centrodestra.
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