Il ministro Costa: «Cannabis, la legge è spacciata. In aula i numeri non ci sono»

Il ministro Costa: «Cannabis, la legge è spacciata. In aula i numeri non ci sono»
di Francesco Pacifico
Lunedì 25 Luglio 2016, 13:02 - Ultimo agg. 13:41
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Enrico Costa non ha dubbi: «Non ci sono i numeri per approvare la legge sulla legalizzazione della cannabis». E seppure ci fossero, Matteo Renzi deve ricordare quanto ha imparato sulle unioni civili: «Tutto ciò che divide la maggioranza, va eliminato». Oggi arriva alla Camera la proposta di legge per liberalizzare il consumo di droghe leggere, ma è condannata a tornare al vaglio della commissioni Giustizia e Affari sociali, anche perché senza un relatore e “gravata” dai 1.300 emendamenti presentati dai centristi di Area popolare, fronte al quale appartiene il ministro degli Affari regionali. «Abbiamo altre priorità da affrontare. Personalmente mi mette più in allarme per l’emergenza che vive la famiglia: la flessione della natalità, l’aumento dell’età media delle madri, la riduzione del tasso di fecondità o i grossi limiti che ci sono alle politiche di conciliazione».

Ministro Costa, cosa c’entra questo con le droghe.
«C’entra, eccome se c’entra. Le tossicodipendenze si combattano anche rafforzando il ruolo della famiglia, che prima alleva ed educa i propri giovani e per tutta la vita li accompagna nei momenti di difficoltà. Abbiamo altre priorità. Non capisco perché dobbiamo alimentare tensioni nel dibattito politico. Questa è una “norma bandiera”, non è la prima volta che se ne discute. Ma come al solito, l’unico risultato è accende gli animi oltre il dovuto».

Perché il tema è controverso.
«È vero, i punti di vista sono spesso opposti, ma dopo aver letto i testi delle audizioni in commissione, ho trovato ancora più forti elementi per avvalorare la mia contrarietà. Soltanto gli interventi più mirati sul versante scientifico e medico pongono seri interrogativi».

Il governo rischia di cadere sulle droghe come stava per avvenire sulle unioni civili?
«Non vedo alcun rischio di questo tipo, perché questa legge non va da nessuna parte. Basta conoscere le dinamiche parlamentari».

La maggioranza, però, si spacca sempre sulle tematiche etiche.
«Il modello seguito sulle unioni civili dimostra il contrario. Proprio per rafforzare la maggioranza si sono prima discussi e poi eliminati tutti gli elementi divisivi. Come allora, dobbiamo puntare soltanto al riconoscimento dei veri diritti civili. E non credo che tra questi ci sia il consumo di droghe leggere».

Della Vedova ha chiesto a Renzi e al Pd di chiarire con voi qual è la vera posizione della maggioranza.
«Io sono molto amico di Benedetto e posso comprendere che lui faccia certi ragionamenti, perché sta portando avanti una sua battaglia di parte. Ma da politico esperto conosce meglio di me e sa interpretare i numeri parlamentari. Senza contare che le forzature, come ha dimostrato la discussione sulle stepchild adoption, non portano a nulla se non al rallentamento dell’iter legislativo».

Perché il premier non ha preso posizione?
«Qui non c’entra nulla il governo e non credo che ci sarebbe neppure bisogno dell’intervento del presidente del Consiglio. Su questa battaglia, io sostengo le mie tesi, ma la cosa non rientra nella mia attività di ministro. E lo stesso fanno i miei colleghi. L’importante è che il tutto avvenga a viso aperto».

Davvero la partita è chiusa?
«Il fatto che il provvedimento non sia riuscito a completare il suo iter in commissione, dimostra che non ci potrebbe essere un esito diverso dalla bocciatura».

Veramente l’iter si bloccato con i vostri 1.300 emendamenti.
«Se è un provvedimento ha un suo reale valore, non c’è ostruzionismo che tenga».

I suoi avversari sono più ottimisti.
«I sostenitori della liberalizzazione della cannabis hanno raccolto una quantità di adesioni molto alta. Eppure, ictu oculi, è chiaro che non ci sono né le condizioni nel Paese né i numeri in Parlamento per avanzare una proposta simile».

A che cosa si riferisce quando parla di condizioni?
«Nella relazione è previsto che una parte degli introiti legati all’acquisto degli stupefacenti finisca per finanziare le campagne di prevenzione sulla tossicodipendenza. A parte che è una contraddizione in termini che la prevenzione venga pagata dai tossicodipendenti, ma come si conciliano l’autorizzare il consumo con le necessità di arginare il fenomeno?»

Con la depenalizzazione diminuirebbero gli oneri per la macchina giudiziaria?
«Davvero? Non ho capito: vogliamo aumentare i costi sociali per deflazionare la giustizia? Perché i costi sociali dei quali sto parlando si traducono soprattutto in effetti dannosi per la salute. Ma poi mi chiedo anche: vogliamo fare dell’Italia una meta del turismo della tossicodipendenza? Perché avverrebbe tutto questo se mettessimo in pratica il progetto delineato dalla liberalizzazione della cannabis.

Si avrebbero però più strumenti per colpire le mafie.
«Ho letto le analisi di alcuni magistrati che vanno in questa direzione, ma non le ho trovato convincenti. Per esempio le risorse umane, gli agenti che pensiamo di liberare dalle attività repressive, finiremo per usarli per perseguire i reati connessi all’aumento del consumo di droghe».

Per concludere, da liberale, lei dovrebbe essere favorevole a ogni forma di liberalizzazione.
«Sorrido quando leggo che in questa proposta di legge si finisce per ipotizzare anche una commercializzazione controllata della cannabis da parte dello Stato. Proprio perché sono un liberale, aborro ogni forma di statalizzazione. Anche perché in Italia, quando qualcosa non funziona nel privato, si finisce per statalizzarla».
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