De Vincenti: Sud è la mia priorità
«Spenderò i 115 miliardi dei Patti»

De Vincenti: Sud è la mia priorità «Spenderò i 115 miliardi dei Patti»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 14 Dicembre 2016, 08:18 - Ultimo agg. 10:04
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Da sottosegretario a Palazzo Chigi, con delega ai fondi europei e alla gestione del Masterplan e dei Patti per il Sud, a ministro per la Coesione territoriale, sulla scia dell'esperienza legata ai nomi di Fabrizio Barca e Carlo Trigilia prima che il governo Renzi vi rinunciasse. Con Claudio de Vincenti, professore universitario e tessitore instancabile dei nuovi rapporti tra il governo centrale da una parte e le Regioni e le città metropolitane del Sud dall'altra, l'intervista non può che partire da qui.

Se l'aspettava, professore? Che significato ha il ripristino del ministro della Coesione? Considerato il clima sembra più un segnale politico che operativo, è d'accordo?
«Tutte e due le cose. Politico, perché vuole rappresentare la centralità delle politiche di coesione e in particolare del Mezzogiorno nell'agenda del governo Gentiloni e in questo modo dare un segnale chiaro a tutto il Paese: la rinascita del Mezzogiorno è parte integrante della ricostruzione dell'economia italiana. Ma è anche un segnale operativo, perché partendo dalla strategia innovativa avviata dal governo Renzi con il Masterplan e i Patti per il Sud, concentra le energie dando impulso alla realizzazione degli obiettivi. In tal modo, come si usa dire, si scarica a terra il potenziale dei Patti».

Già ma anche lei come i suoi predecessori in questo incarico è un ministro senza portafoglio: non le sembra quasi un controsenso rispetto alla ribadita centralità del Mezzogiorno?
«Ministro senza portafoglio ma non senza soldi. Sommando le risorse nazionali, cui abbiamo aggiunto nella Legge di Bilancio appena approvata ulteriori 11 miliardi di euro, e quelle europee, il ministero è chiamato a programmare e a far utilizzare bene qualcosa come 115 miliardi di euro, 83 nazionali e 32 europei. Se 115 miliardi vi sembran pochi...».

Il presidente Gentiloni ha messo il disagio sociale e lavorativo del Mezzogiorno tra le priorità del governo: cosa vuol dire in concreto? Dopo i Patti con Regioni e Città metropolitane cosa ha in mente, ministro?
«Sappiamo bene che fino al 2013 è andato allargandosi il divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord e questo ha determinato situazioni di disoccupazione e sofferenza sociale più diffuse ed acute che nel resto del nostro Paese. Con l'azione condotta nel 2014-16 di recupero della capacità di spesa dei fondi strutturali e del Fondo sviluppo e coesione abbiamo determinato una prima inversione di tendenza. Non lo dice solo il governo: lo ha evidenziato anche l'ultimo Rapporto Svimez che ha registrato nel 2015 una crescita di produzione e occupazione maggiore al Sud rispetto al Centro-Nord. Si tratta di un risultato incoraggiante che però ancora non basta davvero».

Ecco, appunto: e allora cosa si fa?
«Occorre una spinta ancora più forte e la nascita del ministero della Coesione territoriale e del Mezzogiorno serve esattamente a questo. Ora dobbiamo monitorare passo dopo passo l'attuazione concreta degli interventi individuati nei Patti, la realizzazione degli investimenti e l'utilizzo virtuoso delle risorse. L'obiettivo è di evitare ritardi su un percorso già delineato nei tempi, nelle responsabilità e nella disponibilità dei fondi stessi».

Ma non teme che i dubbi sulla durata del governo, legata certo alla fiducia delle Camere ma anche ai tempi della nuova legge elettorale, possano già adesso rappresentare un limite al piano di rilancio del Sud?
«Guardi, con i Patti abbiamo gettato le fondamenta: obiettivi, strumenti, risorse, e responsabilità condivisi con le Regioni e le Città metropolitane. Ora si parte ed è quello che conta».

Come la metterà con l'ostilità di qualche importante governatore del Sud, come il presidente della Puglia Emiliano, o l'eccessiva autonomia di qualche altro come De Luca in Campania?
«Io credo che siamo chiamati a rispondere con forte senso di responsabilità istituzionale e democratica alle aspettative dei cittadini. Se tutti ci comporteremo così, le divergenze saranno superabili come le abbiamo superate nel costruire i Patti. Per questo è mia intenzione lavorare non solo a Roma ma confrontarmi sui territori con i cittadini e le istituzioni rappresentative».

Quindi la vedremo spesso a Napoli nelle prossime settimane?
«A Napoli come nelle altre città del Sud impegnate sui Patti. L'obiettivo è semplice quanto importante: tastare il polso dei bisogni reali e verificare l'adeguatezza delle risposte messe in campo».

Ma la vittoria del No alla riforma costituzionale può condizionare e in qualche modo riflettersi negativamente sulle scelte per il Sud?
«Come ha chiarito il presidente Gentiloni intervenendo alla Camera per la fiducia, il governo è al servizio di tutti gli italiani».

Restiamo a Napoli, professore. Bagnoli rischia un nuovo stop a proposito della definizione della caratterizzazione dei suoli su cui deve pronunciarsi il tribunale. Cosa ne pensa?
«Naturalmente, le esigenze processuali hanno un effetto di stop and go sull'attività del Commissario insediato dal precedente governo. Del resto, sapevamo che vi era un parallelismo tra la nostra attività operativa su Bagnoli e il percorso processuale. Ma questo non ci impedirà di andare avanti col programma di risanamento dell'area: nei prossimi giorni Invitalia trasmetterà al Tribunale, come richiesto, il programma dei lavori di caratterizzazione. E ci aspettiamo, in quell'ottica di collaborazione sempre auspicata, che l'avvio delle caratterizzazioni venga autorizzato».

Si aspetta scelte più collaborative anche dal sindaco De Magistris che proprio ieri ha parlato di fine del comissariamento di Bagnoli alla luce delle dimissioni del governo di Matteo Renzi?
«Me lo auguro. Sul Patto, cioè nel concreto del fare, ha già dimostrato di ritrovare il terreno della collaborazione istituzionale».

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