Elezioni, Berlusconi non vuole tornare al voto e punta sulle larghe intese

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
di Marco Conti
Martedì 26 Febbraio 2013, 14:28 - Ultimo agg. 20:13
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ROMA - Silvio Berlusconi non ha nessuna voglia di tornare al voto in tempi brevi. Avrebbe evitato anche quello di ieri l'altro se la scandenza della legislatura non l'avesse imposto. Così come al Cavaliere non dispiacerebbe la riedizione di un governo di larghe intese sul modello di quello che ha guidato Mario Monti.

Ovviamente, dopo il deludente risultato elettorale, Monti è fuorigioco, ma è forte l'impressione che la carta dei tecnici sia stata ormai bruciata.

Il Cavaliere è riuscito ad imporre la sua campagna elettorale e la risalita nei sondaggi gli ha dato ragione. La forte domanda di cambiamento e la buona dose di rancore che serpeggia nell'elettorato, coinvolge però anche il Cavaliere che ora deve assolutamente evitare che i suoi voti vengano messi fuori gioco e che il centrosinistra trovi un'intesa solo con il Movimento5Stelle.

I mercati sperano nella grande coalizione Pd-Pdl e in fondo ci spera anche Grillo che, in questo modo, pensa di continuare a capitalizzare consensi che lo porterebbero saldamente in testa al prossimo giro. Il Pd di Bersani non può permettesi però di allearsi con il giaguaro dopo non essere riuscito a smacchiarlo. D'altra parte senza la prospettiva del governo, la linea dirigente del Pd verrebbe assalita dalla minoranza interna guidata da Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze continuerà a stare alla finestra in attesa che si compia il fallimento dell'attuale gruppo dirigente del Pd che potrebbe essere l'ultimo della filiera ex comunista.

Il governo è l'unico approdo per Bersani e l'attuale gruppo dirigente del Pd, ma il percorso rischia di essere molto accidentato non tanto per i numeri inesistenti a palazzo Madama, quanto per il programma che Bersani presenterà in Parlamento e sul quale tenterà lo scouting nei confronti del M5S. Resta da vedere come si comporterà Bersani se lo scouting non dovesse avere successo.

L'impressione è che nel Pd siano in molti a volerci provare per «il bene dell'Italia» e non è detto che non riescano a stare in piedi anche senza avere la maggioranza al Senato. Infatti la scarsissima voglia del Cavaliere di tornare alle urne in tempi brevi, unita alla volontà di Grillo di continuare a cuocere a fuoco lento il sistema, potrebbero dare al Pd ossigeno per andare avanti. Verso dove però non si sa e il voto di ieri ha dimostrato che il partito di Bersani ha già pagato la scarsa chiarezze nelle proposta politica e la sete di poltrone che ha impedito a onorevoli non ricandidati, di fare campagna elettorale come se lo fossero.

Per smacchiare Grillo e levare l'acqua che dal Vday del 2007 ad oggi ha permesso ai Cinque Stelle di diventare il primo partito in Italia, Bersani dovrà mettere in campo un programma coraggiosissimo di cambiamento da far impallidire le lenzuolata del 2006. Non solo quindi la legge elettorale, ma anche un corposo tagli ai costi della politica e a quelli delle aziende ad essa dipendenti come Eni, Rai e Finmeccanica.