Fassino: il Pd rinasce tra la gente
al Sud troppo spazio al notabilato

Fassino: il Pd rinasce tra la gente al Sud troppo spazio al notabilato
di Gigi Di Fiore
Martedì 17 Gennaio 2017, 08:21 - Ultimo agg. 15:21
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Il suo nome è circolato tra quelli destinati a far parte della nuova direzione del Pd. Piero Fassino, già ministro e già sindaco di Torino, fa parte di quella vecchia guardia di provenienza Pci nel partito guidato da Renzi.
Fassino, cosa pensa delle idee espresse da Renzi nella sua intervista di due giorni fa a Repubblica?
«Mi sembra una riflessione seria che mette in campo molti temi di discussione. Da un lato, vi compare l'orgoglio della rivendicazione dell'azione del governo guidato da Renzi, come è giusto che sia. Da un altro lato, c'è il riconoscimento dei limiti di un'attività di riforme che, per essere continuata, ha bisogno di un cambio di passo».

In che modo, a suo parere?
«Seguendo l'agenda indicata dagli elettori, che hanno fatto capire, nel voto sul referendum, di avere precise priorità».
A quali priorità fa riferimento?
«Al lavoro, innanzitutto. Per mesi e mesi, nella campagna elettorale per il referendum si è parlato di riforme costituzionali e di legge elettorale. I cittadini ci hanno fatto capire, invece, che le loro priorità sono altre e non certo le singole opzioni indicate dal quesito sul referendum».
È davvero convinto che il tema lavoro sia in cima all'elenco delle priorità da affrontare?
«Sicuramente. È un tema incombente, basti guardare alla scadenza del referendum su voucher e appalti che impone di riprendere il confronto su una riforma ulteriore del mondo del lavoro».
Il jobs act da riformare?
«No, penso che bisogna proseguire con un grande patto per il lavoro a favore dei giovani. Un'intesa per dare certezza di occupazione ai nostri figli, che unisca governo, regioni, sindacati e imprese».
Lavoro, e poi?
«Il nostro sistema del welfare ha bisogno di interventi. I cittadini non si sentono tutelati e su questa tema dobbiamo affrontare seri ragionamenti, che tengano presente delle reali necessità della gente».
Con quali soldi è possibile allargare le coperture dei bisogni sociali con un sistema ampliato del welfare?
«Non soltanto con le risorse pubbliche, ma chiamando a raccolta in questo campo tutti gli organismi impegnati nell'assistenza sociale, nel mondo dell'associazionismo, nel volontariato e tra le stesse imprese».
Lavoro, welfare, e poi?
«Naturalmente l'immigrazione, che è una questione che provoca insicurezza ed oggi assorbe in maniera rilevante il dibattito pubblico. Dobbiamo uscire da una visione emergenziale dell'immigrazione, per considerarlo un fenomeno strutturale in un Paese diventato ormai multi culturale. Dobbiamo mettere in campo una reale politica di integrazione».
Quale altro tema merita approfondimenti e nuove politiche?
«Il tema che considero più complesso e rilevante: gli investimenti, le infrastrutture, la ricerca, la formazione e tutto ciò che serve all'Italia per avere uno sviluppo vero e duraturo. E questo significa disporre di una quantità di risorse finanziarie molto più alta di quella fin qui utilizzata. Per liberare più risorse è però ormai urgente, e non più rinviabile, aggredire l'enorme debito pubblico che grava come un macigno sulle spalle de Paese. Se si vuole investire di più, occorre liberare quelle risorse che producono interessi e quindi alimentano il debito. È importante soprattutto per il Sud, che è area del Paese che più ha bisogno di un grande piano di investimenti per creare lavoro e sviluppo».
Insomma, meno discussioni sulla legge elettorale possibile e più sui temi che ha indicato?
«La legge elettorale è importante e mi auguro che i gruppi parlamentari riescano a trovare rapidamente un'intesa che consenta di tornare al voto, ma né il Pd nè la politica in generale può esaurire la sua attività occupandosi solo della legge elettorale, quando il Paese ci ha detto chiaramente quali siano le aspettative e le priorità da seguire».
A questo, naturalmente, si lega la situazione interna al Pd. Che idee ha sul suo partito?
«Nessuna politica è efficace senza un partito che la faccia vivere tutti i giorni nella società e dobbiamo onestamente dirci che una delle ragioni dei minori consensi raccolti sta anche in un partito fragile, spesso ripiegato su se stesso e che con difficoltà mantiene radici nel territorio e nella società. Anche qui serve un cambio di passo, ricostruendo un partito che abbia i piedi saldamente piantati nella società, un partito che punti sui saperi, le competenze, le energie di cui l'Italia è ricca. Un partito che selezioni la sua classe dirigente, i suoi candidati non sulla base della vicinanza a questo o a quel dirigente politico, ma sulla base della competenza, del merito e della capacità di stabilire relazioni con i cittadini».
Al Pd è venuto meno il radicamento sul territorio e il confronto con la base?
«Credo che sia una delle cause della crisi. Abbiamo bisogno di un Pd forte, che stia con i cittadini, che oggi lo vedono come una somma di correnti personali. Invece, abbiamo bisogno di un partito che sia attrattivo e di cui i cittadini avvertano l'utilità».
In che modo deve farlo il Pd?
«Non si tratta di avere la nostalgia per quel che eravamo, perché tutto è cambiato intorno a noi e dunque serve una forma partito coerente e in sintonia con la società di oggi. Un partito capace di tenere insieme l'utilizzo di nuovi linguaggi e di nuove tecnologie, come il web, con un'organizzazione radicata sul territorio, nelle professioni, nel mondo del lavoro perché radicamento e innovazione non sono alternativi, ma complementari».
Renzi ha dichiarato che al Sud è stato dato tropo spazio al notabilato e poco ai volti nuovi, è d'accordo?
«È in sintonia con quello che ho detto. Soprattutto al Sud bisogna mettersi alle spalle il notabilato e avviare un rinnovamento profondo. Ritornare alla discussione e puntare su energie che vogliano impegnarsi seriamente sul territorio e non solo nella comunicazione virtuale».