Fermate la camorra che toglie il diritto
di stare per strada

di Isaia Sales
Mercoledì 4 Gennaio 2017, 23:06 - Ultimo agg. 5 Gennaio, 08:43
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 In una Napoli piena di turisti e di visitatori, alle 12 di mattina, nell’area affollata del mercato della Maddalena a ridosso della Stazione centrale e di Forcella, una bambina di 10 anni è stata ferita accidentalmente da un colpo di arma da fuoco mentre con il padre si trovava nella zona. Assieme a lei sono stati feriti tre commercianti di origine senegalese. Solo per un caso fortuito non si è ripetuto ciò che avvenne nello stesso quartiere con Annalisa Durante, 14 anni, uccisa mentre era davanti all’ingresso della sua abitazione in una sera di marzo del 2004 e si preparava ad uscire con le compagne, o con Petru Birladeanu, il suonatore rumeno di organetto ammazzato da proiettili vaganti ai tornelli della stazione di Montesanto nel maggio del 2009, o con Maikol Giuseppe Russo, venditore di calzini di 27 anni, colpito mortalmente nel 2015 davanti al teatro Trianon (a pochi passi dall’agguato di ieri) la sera dell’ultimo dell’anno, o a Genny Cesarano, 17 anni, stroncato da una raffica di mitra nella piazza principale del rione Sanità a settembre dell’anno scorso, o Ciro Colonna, 19 anni, ucciso in un circolo di Ponticelli assieme a Raffaele Cepparulo, vero obiettivo degli assassini.

Sono i primi nomi che mi vengono in mente del lungo elenco (tra cui tanti bambini e minorenni ) di morti o feriti «per caso»: perché Napoli tra i tanti record che non le fanno onore ha quello del maggior numero di morti accidentali tra le grandi metropoli dell’Occidente. Uso l’espressione «per caso» perché non mi va di usare «per sbaglio» e purtroppo non me ne viene un’altra: chi spara a mezzogiorno nel pieno di un mercato affollato e nelle strette e trafficate strade del centro storico di Napoli sa esattamente che può uccidere e ferire altre persone (al di là dei propri obiettivi) semplicemente perché non se ne frega niente del diritto fondamentale di un abitante di una città di stare per strada a qualsiasi ora del giorno o della notte. La strada per il camorrista napoletano è «cosa sua» e ognuno che ci passa deve sottostare alla sua dittatura territoriale di vita e di morte.

Il diritto fondamentale di stare per strada è quanto le bande di camorra ci stanno sempre di più togliendo o mettendo radicalmente in discussione, e non lo si può consentire, costi quel che costi. E non cambia di un’acca il ragionamento se si è colpiti durante una «stesa», nel corso di un agguato mirato contro un affiliato a un clan avverso o nel mentre si svolge un’azione di rappresaglia nei confronti di chi non paga il pizzo. Questo è il nostro terrorismo quotidiano e deve essere trattato dalle autorità preposte allo stesso modo (ampi mezzi e uomini dedicati, meticolosa cura investigativa, prevenzione e repressione) del terrorismo islamico o di altro tipo.
Questi sono i nostri terroristi e non vengono da fuori: che le autorità si comportino di conseguenza.

Fino a ieri non si erano verificate azioni eclatanti da parte delle bande di camorra di Napoli città contro le diverse comunità di immigrati, diversamente da quanto avvenuto nell’area costiera casertana, dove ci sono stati negli anni diversi episodi di rappresaglia armata contro gli immigrati, in particolare per il controllo della prostituzione e del traffico al minuto di droga. Certo ci sono state frizioni nel mercato della droga anche a Napoli città che ha riguardato la parte criminale delle comunità straniere, ma alla fine si è trovata una composizione, con gli immigrati di colore che hanno accettato di essere gli anelli finali di un dominio camorristico sul mercato. Ma l’azione delittuosa di via Annunziata non sembra riguardare uno scontro per il predominio su attività delinquenziali, ma la sottomissione al pizzo degli stranieri che svolgono attività commerciali, in maniera ambulante o in un negozio, vendendo merce contraffatta o regolare.

E mai era avvenuta un’azione in pieno giorno così eclatante nei confronti di chi non accettava di pagare quanto gli esattori dello «Stato criminale» ritengono loro dovuto. Evidentemente, e solo sotto questo aspetto, si può parlare di razzismo camorristico, in quanto nella logica della banda dei Mazzarella (o di qualsiasi altra banda camorristica) è totalmente inaccettabile che un «nero» possa rifiutare di pagare ciò che un commerciante della zona accetta da anni come tassa sulla propria tranquillità. Perché il pizzo è, più che tassa sulla protezione, tassa sulla paura e al tempo stesso riconoscimento economico del dominio criminale. Sullo sfondo resta la guerra tra i Mazzarella e i vari clan di giovanissimi che ne hanno messo in discussione il predominio in più occasioni e con diverse modalità nel corso degli ultimissimi anni. Una guerra per ora non conclusa definitivamente con un vincitore sicuro.

Imporre un pagamento generalizzato (compresi i commercianti di colore) da parte di un clan in lotta è nei fatti voler affermare davanti a tutti che il periodo di anarchia nella riscossione, o di non puntualità nelle richieste, di cui avevano goduto le attività commerciali durante la guerra totale tra i vari clan per la supremazia nel quartiere, è finito e tutto torna come prima: si paga il pizzo a chi per ora ritiene di aver vinto, e chi non lo fa viene severamente colpito perché non pagando è come se non riconoscesse i vincitori.
Ma se in un quartiere di una grande città dell’Occidente non c’è il monopolio della violenza e il monopolio nella riscossione delle tasse da parte dello Stato italiano, ciò vuol dire semplicemente che lo Stato italiano a Napoli ha qualche problema. Forse più di uno. 
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