Guidi: «Trivelle, basta pregiudizi: tuteliamo il lavoro e l’ambiente»

Guidi: «Trivelle, basta pregiudizi: tuteliamo il lavoro e l’ambiente»
di ​Nando Santonastaso
Martedì 12 Gennaio 2016, 11:09 - Ultimo agg. 11:26
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«Sono esterrefatta, si è montato un polverone sul nulla, su informazioni a dir poco sbagliate». È arrabbiata Federica Guidi, ministro dello Sviluppo economico. Le durissime polemiche provocate da una presunta autorizzazione a nuove trivellazioni nel mare Adriatico, a partire dalle acque antistanti le isole Tremiti, l’hanno fatta infuriare. «Ma quali nuove trivellazioni? Si sono volute collegare, surrettiziamente, cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra», dice.

Si spieghi ministro: è pretestuosa l’accusa al governo di voler bypassare le sue stesse norme per consentire altre trivellazioni a mare?
«No, è completamente infondata. Tutta questa bufera è nata da un permesso di prospezione marittima concesso dal ministero dell’Ambiente, e da noi ratificato, a una nave oceanografica - di quelle per intenderci usate anche dagli scienziati - per una serie di rilievi della durata di due, massimo tre settimane. Ho detto rilievi, non trivellazioni e sempre oltre le 12 miglia dalla costa. Chi dice il contrario dice il falso».

Ma tra le aree marine interessate c’è anche quella delle isole Tremiti, uno dei patrimoni naturali che il mondo ci invidia.
«Nel caso specifico, l’autorizzazione ai rilievi prevede una distanza molto maggiore di miglia marine dal momento che per le Tremiti, come chi fa polemiche dovrebbe già sapere, hanno un’ulteriore zona di rispetto che ovviamente non può essere discussa e che si aggiunge al limite delle 12 miglia».

Ma l’attività della nave non prelude alle possibili trivellazioni laddove si riscontrasse la presenza di idrocarburi?
«Chiarisco anche questo punto. Se le rilevazioni dovessero accertare l’esistenza di possibili giacimenti sottomarini, l’iter riprenderà completamente daccapo. Nel senso che occorrerà avviare da parte della società richiedente una nuova istruttoria, con nuovi permessi e nuove autorizzazioni. Lo prevede non solo la normativa europea ma anche le leggi che questo governo ha introdotto per rafforzare la trasparenza e il controllo su queste operazioni. Da noi è necessaria una Valutazione di impatto ambientale, ad esempio, per procedere. La nostra legislazione in materia è tra le più rigide a livello europeo e direi anche mondiale».

Anche nel caso delle rilevazioni per così dire ”sospette” si sono applicate le stesse norme?
«Assolutamente sì. Stiamo parlando di una società che aveva già ottenuto dal ministero dell’Ambiente l’autorizzazione per i rilievi, a seguito della quale, sei mesi dopo, è scaturito dal mio ministero un atto amministrativo che era praticamente dovuto. Si tratta, lo ripeto ancora, di una semplice analisi geofisica del sottosuolo marittimo. Chi parla di scempio, di installazioni petrolifere di buchi, mente».

Il governatore pugliese, Emiliano, si dice pronto a scatenare un inferno...
«Non rispondo a certe affermazioni. Mi limito a far notare che se mai questa società, dopo avere superato tutti gli adempimenti previsti, dovesse ottenere il via libera per gli scavi sottomarini, sarà questione di anni, non di poche settimane. In ogni caso non credo che si possa sempre opporre una valutazione pregiudiziale a questo tipo di valutazioni. Ci si dimentica che in ballo ci sono centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro. E che il governo, venendo incontro nella Legge di stabilità alle legittime richieste dei territori interessati, ha ribadito che entro le 12 miglia dalla costa non sarà possibile autorizzare nessuna nuova trivellazione».

Quindi la politica energetica del governo, con la possibilità di scoprire nuove fonti di approvvigionamento anche sottomarine, non cambierà?
«Nessuno di noi vive su Marte, sappiamo bene quant’è delicata la sfida energetica che abbiamo di fronte. Io, pochi giorni dopo il mio insediamento al Mise, ho coordinato un G7 dell’economia a Roma dal quale è scaturita una dichiarazione congiunta che impegna ogni Paese allo sfruttamento delle risorse indigene. In Italia non solo ci sono norme severissime, come ho detto, ma esiste anche il coinvolgimento delle Regioni. Per questo dire che non si deve fare mai niente è assolutamente sbagliato: ci sono livelli amministrativi e ambientali che garantiscono severità e controlli al massimo livello possibile».

Non può negare che la polemica aperta dalle Regioni, praticamente tutte del Sud, è un problema per il partito di maggioranza.
«Io non faccio parte di nessun partito ma non mi sottraggo alla domanda. Ho parlato con molti governatori per situazioni di crisi aziendali e di rilancio industriale, soprattutto del Mezzogiorno che ancora oggi sono in grave deficit industriale. Il nostro obiettivo è definire una prospettiva di sviluppo industriale non in contrasto con turismo, attività di pesca e valorizzazione ambientale: in Emilia, la mia regione, esiste un modello che fa convivere una delle più famose riviere turistiche del mondo con aree a sfruttamento industriale che hanno anche delle piattaforme di attività estrattiva marittima. Perché allora tanta ostilità preconcetta?».

Secondo lei il referendum anti-trivelle si farà comunque?
«Noi con la legge di stabilità che ha modificato lo sblocca-Italia abbiamo fatto una valutazione politica per impedire entro le 12 miglia qualsiasi nuova installazione. E lo abbiamo fatto, ripeto, ascoltando i comitati e le Regioni: mi pare che tutto ci sia da parte del governo fuorché la volontà di non discutere. Ricordo oltre tutto che gli impianti già esistenti hanno comunque bisogno di attività manutentive costanti e rigorose e nel rispetto della massima sicurezza. Mantenerli in esercizio ha un costo e non si può consentire che questi investimenti e la ricaduta occupazionale ad essi collegati possano essere messi in discussione sulla base di preconcetti».

Lei è anche il ministro che ha firmato il decreto di cessione dell’Ilva ai privati: il gruppo finirà agli indiani?
«Se parla del gruppo Mittal, anche qui ho letto cose non proprio vere. Dire come fa il governatore Emiliano che Mittal ha impianti siderurgici in India e che di conseguenza il rispetto delle normative di sicurezza è praticamente vicino allo zero, è sbagliato. Da quanto ne so, Mittal è proprietario di impianti in Europa e negli Stati Uniti, non in India. Questo ovviamente non vuol dire che vincerà Mittal che peraltro è il primo produttore al mondo di acciaio. Il nostro bando è di interesse pubblico, aperto ad aziende italiane e straniere».

Lei ha detto che non vuole spezzatini e si è augurata che a vincere alla fine sia una cordata italiana. È così?
«Io auspico che siano in tanti a rispondere al bando perché da tutti i contatti che ho avuto in Italia e all’estero ho sempre riscontrato un fortissimo interesse per Taranto in Europa. C’è preoccupazione per la massiccia importazione di acciaio dalla Cina, con quote che sfiorano il 35%: ecco perché la partita che si gioca a Taranto è importante».

Anche qui però le polemiche non mancano...
«E io rispondo con i fatti: il governo in questi ultimi due anni ha fatto ha salvato i dipendenti e garantito loro ogni mese lo stipendio. Noi continueremo a fare di tutto per salvaguardare il sito industriale: per questo abbiamo deciso di accelerare un processo che avevamo già deciso di realizzare. Siamo convinti che l’esperienza degli imprenditori del settore è utilissima e del resto anche il governo manterrà una disponibilità a compartecipare attraverso la Cassa depositi e prestiti. Noi non vogliamo né smembrare né far fallire Ilva pur in un contesto internazionale di crisi fortissima per le acciaierie. Vogliamo garantire l’occupazione e il futuro anche di quelle filiere che dal gruppo fanno derivare la loro attività. Su questo fronte saremo irremovibili».
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