Il doppio forno dei nuovi grillini

di Mauro Calise
Lunedì 15 Agosto 2016, 09:37 - Ultimo agg. 16 Agosto, 21:19
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Il primo è il dualismo sempre più marcato tra la direzione politica nazionale e quella dei numerosi municipi conquistati dai cinquestelle. Sarebbe affrettato parlare di divaricazione. Per il momento, ciò che prevale è la realistica presa d'atto che sarebbe impossibile ricondurre a unità esperienze amministrative molto eterogenee. Il personale degli enti locali, nell'ultima tornata, è stato selezionato con molta più attenzione rispetto alle prime sortite. Ma si tratta, comunque, in prevalenza, di militanti con un retroterra sociale, professionale, politico diversificato. E il passaggio così rapido dalla contestazione movimentista alle responsabilità di governo resta un'incognita che nessun direttorio potrebbe illudersi di risolvere a tavolino, con qualche diktat dall'alto. Questo signfica che difficilmente ci troveremo di fronte a casi di show-down clamorosi come è successo a Parma con Pizzarotti. Prevarrà, nei limiti del possibile, l'orientamento a lasciar fare ai primi cittadini e alle loro giunte, cercando di mettere la sordina agli scandali che inevitabilmente qui e là dovessero scoppiare.


Perchè questa linea del doppio binario (una sorta di doppiezza togliattiana in salsa grillina) possa reggere, è indispensabile che ci sia una sostanziale tenuta dell'immagine complessiva dei cinquestelle. E' il secondo piano del cambiamento strategico in atto. Conoscendo il modo di lavorare di Casaleggio & co., si può star certi che, in questi giorni, ci sarà stato un monitoraggio puntiglioso delle reazioni sul web. E, cosa ancora più importante, di quelle del ventre molle del movimento, i milioni di votanti che possono essere intercettati solo attraverso sondaggi capillari. Si tratta, infatti, di due segmenti d'opinione diversi, che rispondono a sistemi valoriali e canali informativi ben distinti.
Sul blog opportunamente filtrati si fanno sentire gli attivisti, quelli che seguono con maggiore attenzione e che sono più legati ai principi fondativi del grillismo.

E' inevitabile che molti di loro si siano ribellati agli stipendi da capogiro di assessori/consulenti e alti magistrati in veste di capo di gabinetto. Ma molto più di queste reazioni, per i vertici pentastellati, contano quelle della base elettorale. Per la quale, probabilmente, è più importante che Roma torni pulita. Dopo tutto, non va dimenticato che un terzo dei votanti cinquestelle (e ancora di più ai ballottaggi) proviene da quegli stessi ranghi del centrodestra che, per un ventennio, hanno votato per un miliardario senza neanche turarsi il naso. Ed è, probabilmente, la stessa conclusione cui sarà arrivato Grillo. Meglio un po' di polemiche agostane e qualche militante arrabbiato, ma saper di poter fare affidamento su esperti ultraqualificati per gestire le emergenze chiave: monnezza e macchina amministrativa.


Naturalmente, inutile illudersi che si tratti di passaggi indolori. Sia il dualismo tra sindaci e politici, sia il tramonto del motto populista e qualunquista che uno vale uno non saranno facili da fare digerire. C'è da scommettere che i prossimi mesi saranno al centro come in periferia alquanto movimentati. I grillini devono navigare tra Scilla e Cariddi. Da un lato, devono riuscire a conservare quel profilo di diversità rispetto agli altri partiti e al governo che gli consenta di raccogliere il vento dell'antipolitica che, da almeno cinque anni, continua a gonfiare le loro vele. Al tempo stesso, però, sanno volenti o nolenti - che è arrivato il momento di passare dalle facili parole ai fatti. Forse il successo clamoroso in tante città ha preso i cinquestelle in contropiede.

E sarebbe stato più comodo continuare, fino alle prossime elezioni, a sparare bordate dai banchi sicuri dell'opposizione. Ma anche per le incapacità degli avversari la storia si è messa a correre. E i grillini sono costretti a accelerare. Mettendo da parte la purezza. E scommettendo sull'unica certezza che resta: il proprio leader.
Il terzo cambiamento strategico, infatti, è all'insegna della continuità ritrovata nella cabina di comando. Con tante sperimentazioni in corso, molto meglio che accanto e sopra al Direttorio torni il direttore d'orchestra. Più si moltiplicano i fronti interni, più è indispensabile che il capo sia uno solo. Fin tanto che ce la farà.