Cassese: adesso si può anche votare
«Ma serve un serio patto di legislatura»

Cassese: adesso si può anche votare «Ma serve un serio patto di legislatura»
di Gigi Di Fiore
Giovedì 26 Gennaio 2017, 08:31
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Professore emerito alla Scuola superiore Normale di Pisa, giurista e accademico, Sabino Cassese è stato ministro e giudice costituzionale.

Professore Cassese, che giudizio dà della sentenza della Consulta?
«Un giudizio positivo, partendo dalla premessa che la Corte doveva giudicare solo le questioni sollevate dai giudici dei cinque tribunali, tenendo conto della forza delle motivazioni con cui sono state sollevate».
Sulla base di queste premesse, quali sono le sue valutazioni?
«La mia impressione è che le questioni relative al ballottaggio e alle pluricandidature siano state accolte per buoni motivi. È rimasto il premio di maggioranza, questione sollevata con un eccesso di sottigliezza giuridica e argomenti poco convincenti. Alla fine, due questioni sono state accolte ed una è stata respinta».
Condivide l’eliminazione del ballottaggio tra le due liste con più voti al primo turno?
«La Corte deve aver condiviso l’opinione del giudice rimettente: il ballottaggio, come era stato ipotizzato, poneva questioni di effettiva rappresentatività del vincente al secondo turno (si poteva vincere, ad esempio, con un terzo dell’elettorato). Potevano poi verificarsi casi limite di liste che arrivavano alla pari».
Che pensa della eliminazione anche della scelta del collegio nelle pluricandidature?
«Mi sembra una decisione corretta. Pensi alla eventualità di una scelta di collegio, che di fatto escluda chi ha preso più voti in quello stesso collegio. Ora, si ritorna al criterio del sorteggio».
Tra i quesiti posti alla Consulta, era esclusa la questione della soglia di sbarramento?
«Sì. Era stato posta, invece, la questione del premio di maggioranza. In questo caso, ci troviamo di fronte ad un premio per la maggioranza, mentre nella famosa legge truffa del 1953 si trattava di un premio alla maggioranza. Con la legge attuale, si assegnano ulteriori seggi a chi ha ottenuto almeno il 40 per cento di consensi. Nel 1954, si riconoscevano altri seggi a chi aveva già raggiunto la maggioranza».
Ora restano due leggi elettorali diverse per la Camera e il Senato. Cosa ne pensa?
«Esistono due scuole di pensiero su questo argomento. C’è chi sostiene che, dopo il referendum, si sia accettato il bicameralismo e questo comporta che le due camere possano essere diverse. In fondo, anche negli Stati Uniti si sono spesso formate maggioranze diverse al Senato e al Congresso. Due soggetti con teste diverse possono garantire maggiori controlli. C’è, invece, chi vuole che le due camere siano elette con criteri omogenei, per evitare conflitti».
Quali sono le principali differenze, allo stato attuale, nelle leggi elettorali tra Camera e Senato?
«Differenze pregresse, previste dalla Costituzione: l’età differente per il voto per le due camere, la base regionale e non nazionale prevista per i collegi al Senato. Poi, ci sono due differenti soglie di sbarramento: il 3 per cento alla Camera, l’8 per cento al Senato».
Il comunicato della Consulta sostiene l’immediata applicazione dell’attuale legge elettorale. Pensa sia possibile?
«Poi leggeremo il dispositivo, per vedere se esistono consigli per il Parlamento. Preoccuparsi della immediata applicabilità è giusto, perché la Corte, in una materia così importante, riafferma che la sua decisione non può lasciare il Paese con una democrazia sospesa in attesa di possibili leggi. Una giusta precisazione, per cui oggi si può votare per la Camera con la legge Renzi corretta dalla sentenza della Consulta di queste ore e per il Senato con la legge Calderoli corretta dalla sentenza 1/2014 sempre della Consulta».
Cosa succederà, ora, a suo parere?
«Lo scenario possibile è tutto di natura politica. Premesso che non esistono vincoli giuridici che impediscano il voto immediato, bisognerà vedere se in Parlamento prevarrà la preoccupazione per l’omogeneità tra le due leggi o no. Con le attuali leggi, avremmo un bicameralismo con sistemi elettorali parzialmente diversi. Se si spingerà per l’omogeneità, il rischio è tornare ad un sistema elettorale proporzionale, quello che sembra riscuotere i maggiori consensi tra i partiti».
Lo considera un rischio?
«Si ritornerebbe al passato. Il bicameralismo è stato voluto dalla Costituzione del 1948, le leggi elettorali con il sistema proporzionale risalgono a quel periodo. Naturale che il proporzionale riscuota consensi: è l’unico mezzo, anche per i piccoli schieramenti, per potersi sedere al tavolo di trattativa e contare. In ambedue gli esiti (nessun intervento del legislatore e quindi elezioni con sistemi diversi, oppure nuova legge elettorale, che non potrà essere che proporzionale, visto l’attuale assetto politico) c’è bisogno di un accordo tra forze politiche concorrenti».
Che scenari politici auspica, in questa situazione?
«Spero nel coraggio delle forze politiche, che porti ad un patto di coalizione come quello sottoscritto in Germania. Un patto chiaro, che in quel Paese è di ben 183 pagine, non come quello del Nazareno di cui non si è mai conosciuto il contenuto».
Un’intesa tra forze politiche diverse?
«Un riconoscimento che, nella nostra democrazia, che la maggioranza vuole di tipo consociativo, si governa con accordi tra differenti forze politiche.

Lo riconosceva anche De Gasperi in una famosa lettera a Pio XII in cui spiegava come la Dc non potesse governare da sola. A me non piace, ma gli esiti della situazione non possono essere che essere questi».

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