Lavoro, Pd spaccato sull'articolo 18. Cgil pronta allo sciopero

Lavoro, Pd spaccato sull'articolo 18. Cgil pronta allo sciopero
Giovedì 18 Settembre 2014, 11:59 - Ultimo agg. 22:31
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Alta tensione sulla riforma del Lavoro, dopo l'arrivo dell'emendamento del governo che prevede il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. L'esecutivo modifica la delega, e pure se non si parla di superamento dell'art.18, la lettura che se ne dà è proprio questa. Il ministro del Lavoro dice che solo con i decreti delegati si prenderà una decisione, ma i sindacati sono in allarme, e la Cgil si dice anche pronta allo sciopero. Il Pd invece si spacca. Nell'emendamento anche la revisione della disciplina delle mansioni ma pure l'introduzione del compenso minimo per i co.co.co.

«I titoli del jobs act sono condivisibili. Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione, ma servono correzioni importanti al testo». Lo afferma il presidente dell'assemblea nazionale del Pd, Matteo Orfini.

«È assolutamente indispensabile che il governo dica al Parlamento cosa intende fare nel decreto delegato sul lavoro, perchè si parla di cose serie». Lo dice l'ex segretario Pd Pier Luigi Bersani. «Io mi ritengo una persona di sinistra liberale - afferma - penso ci sia assoluta necessità di modernizzare le regole del lavoro dal lato dei contratti e dei servizi. Ma leggo oggi sui giornali, come attribuite al governo, delle intenzioni ai miei occhi surreali. In alcuni casi si descrive un'Italia come vista da Marte».

«La delega sul lavoro è in corso di perfezionamento: è giusto che il Pd si ritrovi a discutere e definisca la propria posizione», commenta il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini al termine della segreteria del partito. A chi gli domanda se il Pd si ritroverà unito sulla riforma del lavoro, risponde: «Assolutamente sì, lavoriamo per farlo».

«Confidiamo, e non a caso la direzione è convocata il 29 settembre, che si possa trovare il luogo della sintesi» sulla riforma del lavoro «proprio all'interno del Partito democratico, un partito che ha dimostrato maturità proprio quando si pensava si sciogliesse come neve al sole, come sulle riforme». Così risponde Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, a chi la interpella sulle divisioni interne al partito sul Jobs act.

«Il presidente del Consiglio è stato chiaro nel dire che non c'è più tempo da perdere su temi delicati come il lavoro: su questo Pd e governo hanno fatto proposte chiare e il Parlamento sta facendo la sua parte sul ddl delega.

Noi abbiamo presentato il Jobs act, la scelta degli strumenti legislativi sarà al governo e ai gruppi parlamentari», aggiunge il vicesegretario del Pd, rispondendo a chi le domanda se per la riforma del Lavoro sia in arrivo un decreto legge. «Il tema del lavoro è delicato: non sarà semplice ma siamo determinati. Sul ddl delega continuano i confronti anche con il ministro Poletti: abbiamo raggiunto accordi importanti su alcuni articoli, confidiamo che entro l'anno ci possa essere la definizione del passaggio parlamentare», continua Serracchiani. «È una riforma importante che tocca nodi non banali come l'introduzione del contratto a tutele crescenti, la riforma degli ammortizzatori sociali, l'allargamento delle tutele - prosegue - Stiamo cambiando profondamente il sistema del lavoro toccando anche lo statuto dei lavoratori che è ormai datato 40 anni».

Sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti comunque le letture sono diverse. Il relatore al disegno di legge delega, Maurizio Sacconi Ncd, parla superamento dell'art.18. Esattamente opposta l'interpretazione che ne danno dai parlamentari Pd impegnati sul dossier. L'emendamento certo sarà approvato ma lo scontro sul nodo del «reintegro» in caso di licenziamento giudicato illegittimo si sposta in avanti: «Solo con i decreti delegati - ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti - si prenderà una decisione sull'art.18».

Nell'emendamento presentato ieri dal Governo alla delega si prevede per le nuove assunzioni «il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio», testo che ha fatto dire a Sacconi che per i neo assunti il nuovo contratto sarà senza reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento giudicato illegittimo. Di diverso avviso il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd) che sottolinea come la delega sul lavoro andrà definita con i decreti attuativi e che l'emendamento del Governo «lascia aperte molte interpretazioni».

Il testo presentato dal Governo non cita l'articolo 18, lasciando spazio ampio alla delega che il governo dovrà definire. Se per alcuni questo significherà la completa sostituzione del reintegro in caso di licenziamento giudicato illegittimo con un indennizzo economico commisurato all'anzianità di servizio (il reintegro resterebbe solo in caso di licenziamento discriminatorio) per altri potrebbe significare l'acquisizione del diritto dopo alcuni anni di lavoro o che il reintegro, su modello tedesco, possa essere solo una possibilità e non un obbligo per il giudice che dovesse considerare illegittimo il licenziamento. Resta aperto comunque anche il tema dell'indennizzo e su quale potrebbe essere un risarcimento equo.

Ma le novità sono anche altre. L'emendamento interviene anche sulla «revisione della disciplina delle mansioni» e sui controlli a distanza (tenendo conto dell'evoluzione tecnologica, ma prevede anche l'introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo non solo per i lavoratori dipendenti ma anche per i co.co.co).

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi ha ribadito la necessità di superare l'articolo 18 sottolineando l'importanza di avere le stesse regole per tutti.

L'articolo 18 è solo "uno scalpo" da portare ai falchi dell'Ue per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che ha avuto ieri dal Direttivo il mandato per aprire una discussione con Cisl e Uil per una mobilitazione unitaria. «Ieri - detto il numero uno della Uil, Luigi Angeletti - sembrava che si volesse eliminare l'articolo 18 per decreto. Una stupidaggine in sè. Ma Renzi non l'ha fatto. Perché non ha la forza. E questo vale anche per la riforma della Pubblica amministrazione, che finora si è limitata al taglio dei permessi sindacali. Tutto sembra urgente e intanto continuiamo a perdere posti di lavoro». «Lo sciopero generale? Vedremo», dice Camusso. «Bisogna chiedere all'esecutivo se c'è ancora spazio per un confronto o se invece si preferisce percorrere scorciatoie. Nei prossimi giorni ci incontreremo con Cisl e Uil e valuteremo quali saranno le nostre risposte alle scelte del Governo. La nostra priorità è e resta quella di superare la precarietà e il dualismo nel mondo del lavoro».

Il contratto a tutele crescenti «va bene» per la Cisl ma solo «a condizione che serva a far fuori tutte le truffe in cui sono incappati i giovani». «Bisogna - dice il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - eliminare quelle forme di lavoro truffa», «come le false partite Iva. Diversamente - avverte - sarebbe solo l'ennesimo contratto di lavoro e più di un milione di persone continueranno ad essere truffate». Per Bonanni la riforma dell'articolo 18 «è un'ossessione» e il Governo dovrebbe piuttosto dare i dati sui casi risolti negli ultimi due anni, da quando è andata in vigore la riforma Monti-Fornero.