Salvini: il mio interlocutore è Berlusconi.
Bossi: l'obiettivo resta la secessione

Salvini: il mio interlocutore è Berlusconi. Bossi: l'obiettivo resta la secessione
Domenica 18 Settembre 2016, 14:21 - Ultimo agg. 19 Settembre, 14:51
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«Il mio interlocutore è il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, visto che con Giorgia Meloni l'accordo è sostanzialmente generale». Così il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha risposto a Pontida ai giornalisti che gli chiedevano quale fosse l'interlocutore ideale per una ricostruzione del centrodestra, dopo le critiche alla proposta di Stefano Parisi.

Il raduno leghista di Pontida, che quest'anno si celebra a settembre nel ventennale di quella che la Lega chiama pomposamente "dichiarazione di indipendenza della Padania", è iniziato con la cerimonia dell'alzabandiera. Salvini è arrivato presto per una visita ai gazebo, fra i quali quello in cui viene distribuita una maglietta contro Papa Francesco, con la scritta «il mio Papa è Benedetto». «È la maglietta giusta», ha detto Salvini senza indossarla. «Papa Ratzinger - ha aggiunto - sull'Islam aveva idee chiare. Chi apre le chiese agli imam non mi piace».

«Io voglio una Lega forte. Che cosa farà il resto del centrodestra, lo deciderà lui. Se ha coraggio, viene dietro a noi, altrimenti la Lega è pronta a fare da sé», ha poi ribadito il segretario della Lega. Secondo Salvini, la scelta è sempre «o con noi o con la Merkel, liberi o schiavi della moneta unica». E la proposta di Stefano Parisi resta inascoltata, dal leader della Lega, che ieri aveva definito «mummie» gli esponenti politici ospiti della convention dell'ex candidato sindaco di Milano. «Non vogliamo - ha spiegato oggi a Pontida - recuperare qualcuno che è solo a caccia di poltrone». 

«Se qualcuno pensa che il futuro della Lega sia quello di un piccolo partito servo di qualcun altro, di Berlusconi o di Forza Italia, ha sbagliato», ha sottolineato Salvini dal palco di Pontida. «Voglio cambiare il paese ma come voglio io, voglio accordi scritti con il sangue», ha aggiunto.

«Non mi interessa prendere il 4% e venti parlamentari di cui non me ne faccio nulla - ha detto Salvini - non mi interessano le poltrone. Accordi al ribasso non se ne fanno». Salvini ha poi detto di essere «orgoglioso di tutto quello che abbiamo fatto, del resto qualche problema ce lo siamo creati in casa noi». 

«Se ti chiami Scajola, stai con Alfano, Fini e Verdini. Non con me. Se voi volete questa gente, cercate un altro segretario federale», ha detto ancora Salvini ai militanti. Riferendosi alla convention di Stefano Parisi, senza citarlo direttamente, il segretario della Lega ha parlato di «congressi mummificati».

Salvini non vede poi contraddizione fra il progetto nazionale della sua Lega e la vocazione all'indipendenza delle regioni del Nord: «Prima ci liberiamo dall'Europa dei massoni e delle banche, poi ognuno decide come fare», ha affermato. «Questo paese - ha aggiunto il segretario leghista - sta insieme solo come aveva detto il genio di Gianfranco Miglio. Sta insieme con il federalismo, con l'insieme delle diversità». Per questo Salvini ha difeso anche l'alleanza con gli euroscettici. «Sono orgoglioso - ha detto - di aver fatto accordi con Marie Le Pen, gli austriaci ma anche con Putin. Questa è la strada poi ognuno vedrà. Perché se oggi vado a bussare a Roma mi risponde un usciere o al massimo Renzi. Il vero nemico è a Bruxelles».

La Lega «non potrà mai essere un partito nazionale», ha detto invece Umberto Bossi dal palco di Pontida, sostenendo che l'obiettivo deve rimanere la «secessione» della Padania. Il presidente-fondatore della Lega ha ricevuto un'accoglienza affettuosa, ma le sue parole sulla Padania non hanno suscitato l'applauso corale del pratone. In molti però hanno inneggiato alla Padania e alla secessione, rispondendo all'appello del vecchio capo.

«Io ho ascoltato in questi tempi con molta attenzione la Lega - ha detto tra l'altro Bossi -. La Lega è in un momento di grande confusione, è stata né carne né pesce, ma la Padania resta nel cuore e nella testa». Bossi ha sostenuto che «la Lega è stata fatta per la libertà del nord dall'oppressione del centralismo italiano, non per altri motivi», e ha osservato che «troppo spesso si sente parlare di uscire dall'euro, ma i fatti dicono che l'Italia si porta via 100 miliardi di euro e l'Europa due: chi è dunque il nemico? State attenti a tirare le conclusioni così». Bossi, senza fare nomi, si è infine rivolto ai leghisti radunati a Pontida nel ventennale della dichiarazione di indipendenza della Padania affermando che «a volte i dirigenti devono essere richiamati dai veri proprietari, i militanti». 

«Lombardia e Veneto sono le due regioni più avanzate e tartassate da Roma ladrona»: Roberto Maroni ha rispolverato dal palco di Pontida un antico slogan della Lega per sostenere, accanto a Luca Zaia, che c'è «una grande azione comune del lombardo-veneto, perché la nostra missione è di difendere i nostri cittadini, i nostri territori e il nord». «Quale è il nostro programma? Ascoltare il popolo - ha aggiunto poco dopo Zaia -. Oggi esistono due correnti di pensiero. Quella centralista di Renzi e il suo referendum, poi c'è la nostra che dice se c'è un posto di lavoro vicino a casa deve andare prima alla nostra gente». Maroni e Zaia sono saliti sul palco prima dell'intervento finale di Salvini, attorniati da consiglieri e assessori regionali di Lombardia e Veneto. 


 
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