Chiamparino: «Legge elettorale,
poi le urne»

Chiamparino: «Legge elettorale, poi le urne»
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 7 Dicembre 2016, 10:03
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Già deputato e per dieci anni sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, attuale presidente della Regione Piemonte, appartiene a quella parte del Pd, sempre meno numerosa, proveniente da militanza e incarichi nel vecchio Pci.
Presidente Chiamparino, che difficoltà e prospettive vede nella direzione nazionale del Pd che si riunisce oggi?
«Difficoltà evidenti: ci riuniamo subito dopo una inequivocabile sconfitta secca del Pd al referendum, e con un partito che, com'è noto, era diviso sul voto. Le prospettive sono, prima di tutto, non cadere nella logica di politicismi con l'obiettivo di allungare il brodo».

Qual è, invece, la linea politica che ritiene preferibile?
«È importante sostenere un governo che metta in sicurezza, con l'approvazione della legge di stabilità, l'economia, e che affronti con il Parlamento l'adeguamento delle leggi elettorali per Camera e Senato, anche alla luce dei rilievi che potranno venire dalla Corte costituzionale. Poi va restituita la parola ai cittadini nel più breve tempo possibile».
E nel Pd?
«Occorre una discussione interna che dimostri che abbiamo capito il segnale che ci è venuto dagli elettori».
Elezioni entro marzo?
«Le elezioni prima si fanno meglio è, ma non si possono fare senza una legge elettorale adeguata, che tenga conto degli eventuali rilievi della Corte».
Dunque, ritiene che, prima di eventuali elezioni, vada attesa la sentenza della Consulta sull'Italicum, fissata per il 24 gennaio?
«Si, come penso davvero che possa risultare determinante per adeguare la legge elettorale da approvare».
La minoranza Pd sembra poco entusiasta all'ipotesi di elezioni immediate: che ne pensa?
«Se effettivamente questa è la posizione, credo sia sbagliata perché dare l'impressione che temiamo il giudizio di elettori è già un modo per perdere voti. Ma non bisogna neanche confondere il votare presto con il votare subito a qualunque condizione e con qualunque legge elettorale, come chiedono la Lega e i grillini».
Ha sentito della candidatura, per ora giornalistica, di Michele Emiliano alla segreteria Pd?
«Per l'appunto, è candidatura giornalistica».
Che idea si è fatto del voto nel Sud e della campagna elettorale di Vincenzo De Luca?
«Nessuna idea, perché della campagna elettorale di Vincenzo De Luca conosco solo la parte diffusa dai media, a volte anche in modo palesemente strumentale, e quindi il mio sarebbe un giudizio inutile e presuntuoso. Sul Sud, mi sono fatto l'idea che, come per il voto dei giovani, esista certa una criticità nei rapporti con il Pd, una separatezza, che imprigiona tante potenzialità in una logica di voto contro».
In cosa ha sbagliato Renzi?
«Come è già stato detto, nella politicizzazione del referendum. E poi, forse, la sua personalità prorompente ha trasformato in personalismo la gestione di molte politiche del Governo, oltre che la campagna elettorale. Ci sarebbe anche da discutere su quale sia la relazione fra la grande quantità di risorse pubbliche investite nella riduzione delle tasse, bonus, premi, incentivi e i risultati sulla crescita e l'occupazione. Penso che nel Mezzogiorno e fra i giovani questo abbia pesato parecchio».
Nel Pd sono già pronte vendette correntizie, in vista delle future candidature elettorali?
«Da tempo, per quel pochissimo che conto e quel poco che posso fare, predico la necessità di superare la logica delle correnti. L'ho detto anche pubblicamente in uno degli incontri in cui era presente Renzi. Continuiamo ad essere un partito che, nonostante tutto, gestisce un diffuso potere dallo Stato agli enti locali. Per questo, dobbiamo ricostituire in fretta luoghi dove si produca cultura politica e progettualità politico-programmatica, per selezionare una classe dirigente adeguata in grado di ispirare l'azione dei tanti militanti impegnati a vari livelli nell'amministrazione, nel partito, e nei sindacati. Altrimenti, l'alternativa è che si affermi una cultura di sola gestione del potere, che non è certo sufficiente a tenere insieme una comunità che si riconosca negli ideali di un partito».
Che influenza potrà avere il presidente Mattarella sui tempi delle elezioni?
«La Costituzione assegna al presidente della Repubblica la possibilità di sciogliere le Camere, quindi è evidente che sia un ruolo decisivo, determinante e centrale che il Presidente gestirà con equilibrio, saggezza e lungimiranza che gli appartengono».
È d'accordo con chi ritiene che i 13 milioni di sì siano un tesoretto del Pd per le prossime elezioni?
«Pensarlo può essere assai ingannevole, per una ragione molto semplice: ogni elezione è una storia a sé e ogni volta è necessario dimostrare di capire il messaggio che viene dagli elettori. In questo caso il messaggio è chiaro, un voto contro il Pd e il Governo. Se pensiamo che sia un patrimonio elettorale acquisito, rischiamo di vederlo franare in tempi brevi».
Con che sistema elettorale pensa sia meglio andare a votare?
«Personalmente ritengo che il sistema migliore sia una versione aggiornata del Mattarellum di una ventina di anni fa, e per il Senato un sistema basato su collegi uninominali in cui suddividere le regioni. La legge elettorale naturalmente dovrà essere approvata da uno schieramento più ampio possibile, cercando mediazioni ampie e ragionevoli».
Si profila un futuro del Pd da solo contro tutti?
«Nella competizione elettorale ogni partito compete contro tutti gli altri. Il Pd dovrà dimostrare di aver compreso il messaggio del voto, sapendo costruire politiche che intercettino una parte significativa dell'elettorato del Paese. Le eventuali alleanze, per ora, non sono tema prioritario».
La resa dei conti nel Pd condizionerò il futuro della legislatura?
«Mi auguro che la resa dei conti non ci sia, e che ci sia invece un confronto, che dia alla gente il segnale che abbiamo capito che ci sono da correggere delle cose nei comportamenti e nelle nostre proposte».