Tregua per la Libia: cessate il fuoco ed elezioni. Macron spiazza l'Italia

Tregua per la Libia: cessate il fuoco ed elezioni. Macron spiazza l'Italia
Martedì 25 Luglio 2017, 14:10 - Ultimo agg. 26 Luglio, 20:28
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PARIGI Fayez Serraj e Khalifa Haftar si stringono la mano davanti a Emmanuel Macron. La foto della possibile rinascita della Libia c'è: ricorda la stretta di mano di Rabin e Arafat davanti a Bill Clinton. Al posto della Casa Bianca, ieri pomeriggio, c'era il castello della Celle-Saint-Cloud, vicino a Versailles. Questa volta c'è anche una dichiarazione congiunta, una prima storica per i due leader rivali di un paese in macerie, diventato roccaforte di terrorismo e base operativa di trafficanti di migranti.

«Oggi la pace può vincere» ha detto ieri il presidente francese, che ha fortemente voluto e cercato il ruolo di grande mediatore della crisi libica. E che ieri ha però assicurato di agire in piena cooperazione con i partner europei, «in particolare l'Italia, dell'amico Gentiloni». Oggi Serraj farà tappa a Roma per incontrare Gentiloni, ma non c'è dubbio che - quandomeno sul piano dell'immagine internazionale - l'iniziativa dell'Eliseo rappresenta un duro colpo per il governo italiano e per la sua ambizione di diventare il paese-garante degli equilibri in Libia.

IL SIMBOLO
Serraj, che governa a Tripoli, e Haftar, che regna a Tobruk «possono diventare il simbolo della riconciliazione e la pace - ha detto Macron al termine dell'incontro - la dichiarazione congiunta è un documento storico. La vostra determinazione sarà anche la vostra».
L'Eliseo ha lavorato fino all'ultimo a un decalogo che poteva essere sottoscritto dai due uomini, una bozza sofferta, il cui testo è stato pubblicato per errore qualche ora prima della fine dell'incontro. Serraj e Haftar condividono la necessità di una soluzione politica, e si impegnano a rispettare un cessate il fuoco, che però non si applicherà alla lotta contro il terrorismo, a costruire uno stato di diritto, a sciogliere le diverse milizie e a integrarle in una forza regolare, a lavorare a una road map per riportare sicurezza alle frontiere, coordinare la lotta ai jihadisti e assicurare il controllo dei flussi migratori.

PRESENTE L'INVIATO DELL'ONU
Si evoca infine «l'impegno solenne» a organizzare elezioni presidenziali e parlamentari «appena possibile», «entro la prossima primavera», ha poi precisato Macron. Alla riunione era presente anche l'inviato speciale dell'Onu per la Libia Ghassan Salamé. L'Eliseo ha più volte sottolineato come la stretta di mano di Parigi si collochi nel quadro delle iniziative diplomatiche finora intraprese, in particolare gli accordi Onu di Skhirat del 2015 e la riunione di Abu Dabi di maggio, quando Serraj e Haftar si erano già incontrati, senza però arrivare a sottoscrivere un testo comune.
Nel preambolo del testo di Parigi si sottolineano «gli sforzi condotti dai paesi amici e dai partner della Libia, in particolare Egitto, Algeria, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Tunisia e Italia». «Voglio ringraziare, in particolare l'Italia - ha detto Macron - il mio amico Paolo Gentiloni, che ha molto lavorato» per arrivare alla dichiarazione congiunta.

«NON ESISTONO DIVERGENZE»
«L'Italia - ha aggiunto il presidente francese - è pienamente associata nell'iniziativa. Ieri, il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian era a Roma. Non esistono divergenze tra la posizione italiana e la posizione francese. E' un lavoro in comune che facciamo anche con l'Unione europea». «Il popolo libico merita la pace, e anche il Mediterraneo ha bisogno di questa pace. Molto è stato fatto, ma molto resta da fare», ha concluso Macron, che qualche settimana fa aveva definito un errore l'intervento in Libia del 2011 guidato da Sarkozy che aveva portato alla fine del regime di Gheddafi.

La diplomazia francese ha adesso deciso di fare della crisi libica una priorità a differenza dell'era Hollande, durante la quale la questione era stata prudentemente messa da parte. Nonostante gli sforzi e la baldanza di Macron la pace non è fatta. Il maresciallo Haftar, autoproclamato capo dell'esercito nazionale libico, che regna nell'est, su tutta la Cirenaica , chiede una riduzione del Consiglio presidenziale che governa a Tripoli e è presieduto dal rivale Serraj.

I due potrebbero trovarsi uno a fianco all'altro nel Consiglio, simbolo di un poter riconciliato.

Che per ora, però, non esiste nemmeno nel decalogo di Parigi.

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