Lo sfogo del Cavaliere: tradito dai ministri, appena decado mi arrestano

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
di Mario Ajello
Sabato 12 Ottobre 2013, 11:09 - Ultimo agg. 11:11
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IL RETROSCENA

ROMA Il momento dev’essere davvero delicato. La situazione deve apparire a Silvio Berlusconi particolarmente grave: Appena sar dichiarato decaduto e perder l'immunit le procure di Milano e Napoli mi faranno arrestare e cercheranno di umiliarmi ancora di pi..., si sfoga.



Sennò, non si spiega tutto il via vai, mai così intenso come ieri nel bunker di Palazzo Grazioli, di dignitari, big, peones, avvocati, deputati ed eurodeputati, Ghedini e Confalonieri, Fitto e (separatamente) Alfano, Dell’Utri e La Russa, Crosetto e Meloni, Verdini, Abrignani, Roberta Angelilli, falchi («Il congresso ora non si può fare», ha avvertito il leader), colombe, consiglieri, capigruppo, che lungo tutta la giornata hanno fatto visita al Cavaliere.



E tutti, lo hanno trovato così: non ben disposto verso il governo (che non può abbattere però), piuttosto rabbioso per la vicenda della decadenza, pieno di afflato unitario per il partito balcanizzato e sia a Fitto sia a Alfano ha detto: «Deponete le armi, non fate il gioco della sinistra». Loro, e le loro truppe, naturalmente le armi non le deporranno. E lui, in questo tira e molla tra i due big in guerra, rischia di trovarsi in una posizione difficile («Ma il leader sono sempre io!», rassicura chi vuole essere rassicurato a cominciare da se stesso) e un eurodeputato, particolarmente pessimista, lo descrive così: «Lui che è abituato a fare il burattinaio adesso si sente un po’ un burattino. Chi tira i suoi fili da una parte, chi li tira dall’altra...».



LA GHIGLIOTTINA

Ma il cruccio vero di Silvio non sono le beghe interne ma la «ghigliottina della decadenza» che gli sta per stringere il collo. «Dovete fare moral suasion, anche presso i senatori del Pd, per evitare che votino contro di me», è il messaggio che ha recapitato a molti dei suoi visitatori il leader del Pdl. Ad Alfano, in tarda serata, non tace il suo disappunto, quello che aveva già raccontato agli europarlamentari all’ora di pranzo: «Un tradimento c’è stato il giorno della fiducia. Alla fine, senza che io sapessi niente, è spuntata la lettera dei 23 senatori. E io mi sono dovuto adeguare per non spaccare il partito. Ma voi ministri, mentre davate a me la vostra fedeltà sulla sfiducia, vi eravate già accordati con Letta».



Parole che in serata verranno così commentate dal ministro Quagliariello: «Berlusconi sapeva da subito del mio dissenso sulla linea della sfiducia». Nel frattempo, mentre scorrono i visitatori, l’ex premier aveva incalzato così: «I ministri di questo governo non li ho scelti io.



Solo Alfano è la mia scelta». E ancora: «Il governo non mi piace. Ma che alternativa abbiamo?». Con Alfano i toni sono più soft: «I lealisti stanno esagerando, ma sedetevi attorno a un tavolo». Quel tavolo che Angelino volutamente in questi giorni ha snobbato e ieri andando dal Cavaliere ha detto parole non bene accolte dai lealisti: «Mi sono dovuto occupare di cose di governo, non ho avuto tempo di pensare alle cariche nel partito». Alla fine sarebbe emersa l’ipotesi di un assetto con il Cavaliere presidente e Alfano vicepresidente della nuova Forza Italia.



Comunque: si sente un martire Silvio, un innocente messo alla gogna, anzi anche peggio. «I miei avvocati - è uno degli sfoghi di giornata - dicono che il mio futuro è infausto. Mi faranno marcire in galera. E come dimostra il caso Timoshenko, dopo molte manifestazioni alla fine anche la ribellione contro questi soprusi si placa e la gente se ne dimentica». Si paragona alla Timoshenko, ecco, il Cavaliere. «Ma voi - dice ai suoi visitatori - dovrete lottare ovunque e con ogni messo per dire la verità. Che sono un innocente massacrato dalla malagiustizia». «Le nostre carceri sono una vergogna», dice con tono preoccupato all’eurodeputato Rivellini, e il Cavaliere non esclude affatto di poterci finire dentro: «I magistrati mi odiano».



I PEZZI

Quanto al Pdl, Silvio avverte: «Il partito deve restare unito, anche a costo di perdere qualche pezzo». I pezzi più attratti dall’idea del post-berlusconismo? I ministri più impazienti e i parlamentari colombe che mordono il freno per fare gruppi autonomi? L’impressione di quasi tutti i pellegrini passati ieri da Palazzo Grazioli è che il caos Pdl si soltanto all’inizio.
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